Due Madri - il booktrailer - in libreria dal 14 aprile

martedì 16 dicembre 2008

Tre sorelle e un gatto immortale - remastered

Anni fa ho tenuto sull'edizione palermitana di Repubblica una rubrica che mi divertiva molto e che mi permetteva di raccontare le storie incredibili in cui mi imbattevo. Troppo incredibili per sembrare vere, ma che vere lo erano dall'inizio alla fine.
Una delle più folli raccontava di tre sorelle e un gatto immortale. Ancora oggi, quando vado a Palermo, mi capita di incontrare gente che ci chiede di raccomtarla di nuovo.
Eccoli accontentati nella versione originale datata 8 settembre 2001:

TRE SORELLE E UN GATTO IMMORTALE
A dispetto del suo nome, il gatto Stinky non puzzava affatto. E a dispetto del fatto che avesse passato la maggior parte dei suoi 19 anni di vita negli Stati Uniti, si sentiva un gatto italiano. O almeno questo sostenevano le sue padrone, le sorelle G. - Sara, Nina e Maria - siciliane di nascita, ma americane di adozione, che lo avevano raccolto al porto di Genova, uno degli scali coperti dalla loro compagnia di navigazione.
A quattro anni Stinky pesava sei chili e a dieci era in linea perfetta con la tendenza del Paese che lo ospitava: un gatto obeso di dodici chili. Nonostante questo aveva mantenuto un'agilità che gli consentiva di acchiappare gli scoiattoli nel giardino della villa nel New Jersey e di uscire vincitore dalle risse con i gatti di campagna. La vitalità di Stinky si moltiplicava quando le padrone lo portavano con loro nei viaggi in Italia. «È l'aria di casa» diceva Sara, che in cuor suo non si era mai abituata agli States e sentiva la stessa energia scorrerle nelle vene.
Quando Stinky vide che era il momento di smetterla di dare la caccia agli scoiattoli e fare a botte con i gatti selvatici, decise di morire. Ma gli agi di cui aveva goduto per 12 anni avevano un prezzo: l'immortalità. Le sorelle G. non avevano alcuna intenzione di rassegnarsi al corso naturale delle cose e stabilirono che Stinky non poteva e non doveva morire. L'assegno che staccarono alla Goldstein animal clinic di Manhattan aveva tre zeri preceduti da un numero superiore a cinque. Ma quando il gatto Stinky uscì dall'edificio nell'Upper East Side avrebbe fatto invidia a Cher. Il pelo rifulgeva di un rosso brillante, le zampe lo sostenevano forti e solide, la coda, rimasta un po' storta dopo un combattimento, era dritta come un fuso. La cataratta che gli velava lo sguardo era scomparsa. Qualcuno, lì nel Jersey, raccontò che gli avevano fatto lo stesso trattamento che altrove era riservato a Mick Jagger: il lavaggio completo del sangue.
Sette anni dopo Stinky era vittima di un accanimento terapeutico che lo aveva trasformato in una specie di cuscino da poltrona. Di fronte a tanto sfacelo, Sara decise che un viaggio in Italia era l'unica possibilità di riportare un po' di energia nelle vene del gatto. Le sorelle G. presero in affitto una casa al mare e partirono. Appena fuori dalla gabbia, nella deliziosa villetta che si affacciava sul mare, Stinky dimostrò che Sara aveva visto giusto. Spiccò un piccolo balzo, si fece una corsetta su e giù per la terrazza, girò su se stesso per una paio di volte e poi cadde a terra, morto stecchito.
Raccontare il dolore delle sorelle G. potrebbe forse spiegare perché avessero fatto tanto per tenere in vita un gatto ben oltre il tempo consentito, ma distrarrebbe dall'incredibile odissea di Stinky, che iniziava con il suo improvvido decesso.
La prima decisione che presero fu che la vacanza finiva quel giorno.
La seconda fu che Stinky doveva tornare con loro negli Stati Uniti.
Di fronte alle facce devastate dal dolore delle sorelle G., l'impresario funebre decise che bisognava inalberare l'espressione più contrita del suo repertorio. Fece le sue condoglianze in ordine di età, da Sara a Maria, e chiese, quasi con un sospiro, dove era il congiunto. Quando le sorelle lo fecero accomodare in cucina, l'impresario riuscì a contenere la sorpresa, ma quando Nina aprì lo sportello del congelatore per mostrare il gatto chiuso in una busta trasparente fece un salto all'indietro. Nina tirò fuori Stinky, rigido come uno stoccafisso, e glielo mostrò.
«È lui» disse.
«È uno scherzo» si sforzò di sorridere l'impresario.
Ci volle mezz'ora buona perché le sorelle facessero capire senza ombra di malintesi che volevano portare il cadavere di Stinky in America per dargli degna sepoltura, ma che c'era un problema: se negli Stati Uniti era impossibile fare entrare una fetta di salame, figurarsi un gatto morto! Superata la perplessità e rassicurato dalla garanzia che la spesa non era un fattore influente, l'impresario si mise al lavoro. La prima cosa che fece fu infilare il gatto in una bara e metterlo in uno sgabuzzino esterno che aveva l'aria di essere la stanza più fresca della casa.
L'indomani mattina, quando le sorelle si svegliarono per affrontare una nuova giornata di dolore, trovarono la porta dello sgabuzzino aperta e il padrone di casa, un uomo anziano e rispettabile, disteso per terra, svenuto. Era successo che all'alba il pover'uomo era andato a prendere alcuni attrezzi e, appena aperta la porta, si era trovato davanti la bara, piccola e candida. Le sorelle gli spiegarono che cosa era successo, ma lui - anche lui - fece un po' di fatica a capire e quando se ne andò era più confuso che persuaso.
Poi venne il turno di un veterinario della Asl. Toccava a lui stabilire che la morte del gatto non era dovuta a un virus, ma quando Nina gli disse il perché di tutte quelle procedure, l'uomo guardò a lungo negli occhi l'impresario e i due esplosero in una fragorosa risata. Ci vollero alcuni minuti perché si riprendessero e, sotto l'espressione severa di Nina, cominciasse l'autopsia.
Poi fu la volta del console americano. L'uomo sapeva che di fronte a un passaporto con l'aquila calva sulla copertina tutto diventava possibile, ma gli riuscì di trattenere le risate solo per pochi minuti. Mentre metteva il nulla osta sui risultati dell'autopsia, cominciò a ridere e smise solo dopo che l'indignata espressione di Nina ebbe lasciato l'ufficio.
Svuotato di sé e riempito di segatura, il gatto Stinky arrivò all'aeroporto di Punta Raisi per intraprendere il suo ultimo viaggio. Quando le sorelle si presentarono alla dogana con i documenti per il gatto, i tre finanzieri si guardarono negli occhi e poi fissarono le tre donne. Decine di contadine avevano viaggiato avanti e indietro dagli Stati Uniti in meno di 48 ore per portare droga nei capienti reggiseni e pensarono che quello fosse un nuovo stratagemma, ma non avrebbe funzionato. Chi poteva aver interesse a portare un gatto di dodici chili negli Stati Uniti se non era pieno di eroina? L'attesa del veterinario e di una nuova autopsia fece perdere l'aereo alle sorelle. Ma sarebbe stato nulla se non avessero dovuto subire l'onta di veder morire dal ridere i finanzieri e il veterinario mentre riconsegnavano il gatto.
La scena stava per ripetersi all'aeroporto JFK di New York quando un agente dell'Fbi si convinse di essere vicino al colpo della sua carriera. Ordinò agli uomini della dogana di lasciare andare il gatto e le donne e si mise alle loro calcagna. Le seguì fino a casa e organizzò dei turni di sorveglianza. Ma nelle ventiquattr'ore che seguirono nessuno si avvicinò alla villa. Al pomeriggio successivo una delle donne uscì in giardino, scavò una buca e tornò in casa. L'indomani, tutte e tre insieme, calarono la scatola di legno con il gatto nella buca e la coprirono. Rimasero un po' a piangervi sopra, poi tornarono in casa. L'agente attese altre quarantott'ore, poi si arrese. Quella sera, vedendolo particolarmente buio, il barista del locale vicino casa gli chiese se qualcosa fosse andato storto. L'agente scosse un po' il capo. «Credevo di aver messo le mani su un gruppo di corrieri dei mafiosi del Jersey - disse - e invece erano solo tre sorelle matte che si erano portate dall'Italia un gatto morto per seppellirlo in giardino». Rimase un po' a fissare la sua birra, poi cominciò a ridere fino alle lacrime. Alcuni giorni più tardi decise di passare dalla villa. Sulla buca c'era una lapide e sulla lapide, in equilibrio come se fosse vivo, un enorme gatto di granito.
Ma neanche allora l'odissea di Stinky poté dirsi conclusa. Anni dopo, quando le sorelle decisero di trasferirsi in Italia, il gatto fu riesumato, cremato e le ceneri deposte in un'urna, che Nina conserva ancora sul comò della sua stanza da letto.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Prof io l'adoro.....

Sara Landi ha detto...

BAH, NON HO LETTO POST MA E' UGUALE AL MIO ROMEO CHE TUTTI DICEVANO MEO...
SEI SU FACEBOOK...MI TROVI LI', VOLEVO SPARIRE DALLA FACCIA DELLA TERRA, MO' STO OVUNQUE....
NELL'ALBUM CI SONO 4 FOTO DI ROMEO SPETTACOLARI.
LUI HA 10 ANNI E PESA 12 KILI!
CIAO
SAR8LINA

Sara Landi ha detto...

ugo, ti ho mandato per mail foto di autentico gatto rosso obeso, il mio!