Due Madri - il booktrailer - in libreria dal 14 aprile

sabato 30 agosto 2008

Su 'Panorama' la recensione di Chessa

Ed ecco Panorama. Nella sua rubrica Biblioteca minima, Pasquale Chessa scrive: "il giallo di Barbàra, seppur lungo e intricato, si legge d'un fiato come una lucida 'teoria generale sull'arte del ricatto'".

Torna Quattrolibri al bar, alzatevi e leggete

Torna, dopo il successo dell'anno scorso, 'Quattrolibri al bar', iniziativa del movimento 'Vivere con lentezza' per promuovere una pratica che rischia di cadere in disuso: la chiacchiera da caffe'. E perche' il bla-bla non sia vano Bruno Contigiani (autore tralaltro del volume che prende il nome dall'associazione) invita a leggere e a parlare di libri. Mercoledi' 17 settembre, dalle 18,00, in bar sparsi per tutt'Italia, scrittori e semplici lettori si alzeranno in piedi eleggerano pagine scelte di poesie, best seller, gialli, storie a fumetti, thriller, romanzi d'amore, classici o anche solo testi in attesa di essere pubblicati.
"Leggevamo Quattrolibri al Bar attraverso la lettura in compagnia e ad alta voce cerca di coniugare piccoli appuntamenti culturali con la voglia di incontrarsi, utilizzando luoghi di ritrovo gia' esistenti ediffusi capillarmente nel nostro Paese" dice Contigiani, "se ancora oggi solitudine, disgregazione e noia sembrano prevalere nelle grandi citta' e nella societa', il leggero piacere di chiacchierare, sognare, rappresenta un piccolo passo verso una socialita' a portata di mano, un concedersi il tempo di una quotidiana familiarita'". Hanno gia' detto di si' bar e locali diAgropoli, Roma, Varzi (Pavia), Foligno (Perugia), Milano, San Severo (Foggia), Bresso (Milano), San Giovanni in Persiceto (Bologna), AlagnaValsesia (Vercelli). L'elenco, in continuo aggiornamento, e' disponibile sul sito di Vivere con Lentezza e si puo' aderire scrivendo a info@vivereconlentezza.it

lunedì 25 agosto 2008

Eva Cantarella e la portata rivoluzionaria degli U2

Ci sono sorprese davvero impagabili. Ho atteso pazientemente per mesi una recensione di TuttoLibri, l'inserto della Stampa. Chiunque abbia pubblicato ha due obiettivi (oltre naturalmente a vendere una valanga di copie, piazzare a caro prezzo i diritti per la trasformazione in film ed essere tradotto in 25 lingue): conquistare uno spazio sul domenicale del 'Sole 24Ore' e uno su TuttoLibri. Per quanto riguarda il primo, chi segue questo blog sa che posso considerarmi più che soddisfatto, grazie al lusinghiero giudizio di Giovanni Pacchiano.
Con TuttoLibri, invece, è andata come proprio non mi aspettavo.
Sabato non ho lavorato. Era il mio giorno 'di corta', come si chiama nello slang giornalistico il giorno libero che spetta per contratto e che cade un po' a caso nella settimana. Lavoravo senza pause da quasi due settimane e un giorno a casa ci voleva proprio. Anzi, se la volete sapere tutta mi sono dedicato alla costruzione con i Lego di una stazione di polizia e di un ospedale nel quale portare gli omini che i miei figli stabilivano fossero meritori di carcere o protagonisti di spettacolari incidenti. Ma questa è un'altra storia.
Non ero uscito di casa. Semplicemente non mi andava mettere il naso fuori dal cancello neppure per procurarmi quei due giornali che dovrebbero essere il cibo mattutino di qualunque giornalista che si rispetti. Neppure per comprare la Stampa che il sabato non mi faccio mai mancare proprio per TuttoLibri (a prescindere che sia o no in attesa di una recensione).
Bene: avevo appena finito di costruire un'ambulanza (che ospedale è senza ambulanza? aveva obiettato Leonardo impegnato anima e corpo nel montaggio di un aereo passeggeri che per sicurezza ha anche dotato di mitragliatrice e lanciamissili) quando mi ha chiamato un collega oggi in pensione e con il quale ai tempi ci contendevamo proprio TuttoLibri e Domenica.
"Queste sì che sono soddisfazioni" ha esordito.
Non avevo idea di cosa parlasse.
"Ma come, non hai visto TuttoLibri?"
"La recensione?" ho chiesto speranzoso.
"Meglio, molto meglio"
Meglio? Mi sono chiesto.
"Sai che libro ha Eva Cantarella sul comodino? Il Corruttore di Ugo Barbàra"
Sono rimasto un po' così. Anche perché era bastata quella parola - Cantarella - a lanciare nello specchio d'acqua della mia memoria un amo al quale aveva subito abboccato il ricordo di un banco e di un libro: Agorà.
"Il Cantarella" ho replicato d'istinto.
"No, no, proprio lei: Eva Cantarella" ha obiettato il mio collega.
Ho chiamato mia moglie perché, tornando dal lavoro, si fermasse in un'edicola a comprare la Stampa. E quando ho avuto TuttoLibri per le mani ho finalmente capito.
In prima pagina campeggiava una lunga intervista di Giovanna Zucconi a Eva Cantarella, probabilmente la più importante grecista che abbiamo oggi in Italia. Dopo aver parlato delle vacanze nella casa di Raito, della vendetta e della giustizia nell'Orestea e della condizione femminile tra gli antichi romani, la Zucconi le chiede che libri abbia sul comodino. Lei risponde: "Il Corruttore di Ugo Barbàra".
E a questo punto, per una qualche nemesi, è scattato il sorriso sulle labbra. Il ricordo si è fatto più netto, quasi tangibile. Ho passato con Eva Cantarella (che all'epoca era solo il Cantarella) due degli anni più felici della mia vita: il ginnasio. Oddio direi una balla clamorosa se dicessi che preferivo passare il tempo su 'Agorà per il biennio - La storia umana dal Paleolitico all'Impero romano' piuttosto che a confrontarmi con i miei compagni sulla portata rivoluzionaria di 'The unforgettable fire' degli U2. Ma il fatto è che oggi per raccontare ai miei figli storie della storia dell'uomo attingo alle pagine del Cantarella che ostinatamente continuano a galleggiare nella mia memoria e non certo al testo di 'Pride' o 'Promenade'. Ci sarà tempo anche per quello.
Intanto mi godo la impagabile soddisfazione di sapere che l'autrice di un libro che mi ha dato tanto ha sul comodino il mio romanzo.
Io portavo il suo nello zaino, lei forse sta portando il mio nella borsa da mare.

venerdì 22 agosto 2008

Coincidenze e monocicli

Ho conosciuto Arthur quattro anni fa, in piena campagna elettorale per le elezioni americane. Insieme siamo stati a Washington, Seattle, Minneapolis, Boston... E' un giornalista polacco, di Radio Plus, una emittente cattolica che ringraziando il Cielo non raggiunge i livelli di integralismo di Radio Marija. E' una brava persona, un credente dalla fede solida e incrollabile, immensamente devoto a Giovanni Paolo II. Ogni tanto ci sentiamo e qualche giorno fa mi ha chiamato per darmi una notizia di colore. Una di quelle cose carine che tra una guerra e un disastro aereo vanno bene per alleggerire le pagine dei giornali. Due bizzarri individui di sua conoscenza - madre e figlio - avevano appena intrapreso un viaggio da Varsavia a Roma percorrendo lo stesso tragitto dei viaggi mariani di Giovanni Paolo II. Nulla di bizzarro per un percorso che centinaia di pellegrini polacchi fanno ogni anno, solo che Antek e Malgorzata avevano deciso di farlo lei in bicicletta e lui in monociclo. Cos'è un monociclo? Una bicicletta con una ruota sola. Assurdo, lo so, ma i polacchi sono gente parecchio strana. Fatto sta che si sono fatti duemila chilometri a tempo di record: hanno impiegato meno di 20 giorni. Tutto per rendere omaggio al loro Pontefice e per raccogliere i soldi necessari a comprare una sedia a rotelle nuova per un amico. Ieri Arthur mi ha avvertito via mail che sarebbero arrivati oggi e mi ha mandato qualche foto, nel caso avessi voglia di scrivere di loro. Me ne ero già dimenticato quando, andando al lavoro, lungo la Flaminia ho beccato un rallentamento. Ho masticato qualche maledizione: chi poteva mettersi a intralciare il traffico il 21 agosto? Poi ho visto e ho capito: una corpulenta donna di mezza età su una bicicletta e un ragazzo allampanato su un monociclo avanzavano scortato da una macchina pavesata di bandiere polacche. Erano loro! E, per quanto la città sia meno affollata del solito, è pur sempre una metropoli e le possibilità che io li incontrassi solo perchè sono uscito in ritardo di mezz'ora erano veramente irrisorie. Li ho superati nello stesso istante in cui si lasciavano alle spalle il cartello ROMA. In meno di un'ora avrebbero raggiunto San Pietro.
Appena arrivato in agenzia non ho avuto dubbi: era un segno che la notizia andava fatta. L'ho mandata in rete e anche sulla homepage del sito Agi. La trovate qui, finché non viene superata dagli eventi.

lunedì 18 agosto 2008

sabato 2 agosto 2008

Ladri d'acqua e piccoli soprusi estivi

Sono in vacanza. Lo si intuiva, credo, dal mio lungo silenzio. A Scopello la connessione è un'impresa perchè l'Umts funziona a intermittenza e non c'è un internet cafè neanche a cercarlo con il lanternino. Ma poi - parliamoci chiaro - non è che stia morendo dalla voglia di lasciare il mare per mettermi a tempestare sulla tastiera.
Ma c'è una cosa che devo raccontare, una cosa quasi medievale per quanto remota è nella mia memoria, e che pure continua ad accadere. Innanzitutto stabiliamo il luogo. Scopello, dove passo una quindicina di giorni di vacanza, è un adorabile (e adorato) borgo a poca distanza da Castellammare del Golfo, in provincia di Trapani. La casa dei miei è a pochi metri dal mare; si vedono i faraglioni, la torre di avvistamento normanna e alle sette di sera c'è una luce che non ne ho trovate altrove. Qui ogni anno ritrovo i miei amici: alcuni li rivedo anche a Roma; altri solo nei pochi giorni che passiamo al mare. Ma il clima è sempre lo stesso: bivaccare in spiaggia (circondati da bambini così come un tempo eravamo circondati da materassini) tirar tardi e organizzare cene e cenette in casa di questo o quello.
A pochi chilometri da Scopello c'è Castellammare, che per collocazione non avrebbe nulla da invidiare a ben più blasonate località liguri o alto-toscane, ma che ogni volta che tenta di risollevare la testa dall'apatia sembra condannata a dover avere a che fare con gli stessi vizi. Che non sono necessariamente e unicamente mafiosi come la cronica mancanza d'acqua dopo un inverno e una primavera piovosissimi.
A volte basta il malcostume quotidiano a far venir voglia di dare ragione a chi dice che certi posti sono senza speranza.
In paese abbiamo un piccolo appartamento che fu di mia nonna e che in estate affitiamo. Il primo pensiero di mio padre è che agli inquilini non manchi l'acqua e per questo ha fatto mettere sul tetto - come hanno fatto altri inquilini - due grossi serbatoi. In attesa dell'arrivo degli affittuari si è arrampicato a controllare e li ha trovato vuoti.
"Manco qua arriva l'acqua" ha commentato pensando alla penuria di rifornimenti di Scopello.
Ma i vicini sono stati pronti a smentirlo: l'acqua è venuta quasi tutti i giorni e pure in abbondanza. Possibile allora che si fosse bruciato il motorino (termine con il quale si indica una specie di idrovora che deve succhiare dall'acquedotto più acqua e più in fretta possibile approfittando delle rare distribuzioni). Ma non era neppure questo: il motorino funzionava meglio di una Kawasaki. Possibile allora una perdita, ma anche quella si è rivelata un'ipotesi infondata.
Stavamo lì a grattarci la testa senza venirne a capo quando si è fatta avanti una vicina.
"Ma voi le catene ce le avete?" ha chiesto.
Io, come un siculo rinnegato, ho pensato prima alle catene da neve poi - dato che si parlava di motorini - a quella che mille anni fa mandava avanti il mio Garelli 50.
"Che catene?" ho chiesto, da ingenuo.
"Quelle intorno al serbatoio"
"E per farci cosa?" ho chiesto, questa volta da minchione.
"Perchè sennò vi fottono l'acqua"
Ci fottono l'acqua?
Facendosi un po' più vicina la signora ci ha raccontato che fino a poco tempo prima succedeva anche a lei: qualcuno le apriva il serbatoio sul tetto e con una sucalora si sucava (per l'appunto) tutta l'acqua nella propria EcoTanka. Ma lei aveva capito chi era e aveva messo due robuste catene a tutela della propria risorsa idrica.
Il mio istinto siculo si è risvegliato e mi è venuta voglia di andare a spaccare le corna a questo ladro d'acqua, o quanto meno di andargli a dire che è un miserabile se si riduce a salire su un tetto e appozzarsi a una sucalora per prendersi la mia acqua.
La vicina mi ha rivolto uno sguardo di quelli che se ne vedono solo qui: socchiudendo appena gli ochi e mttendo du un'aria di sufficienza.
"Lassa stari" mi ha detto "mettici i catini"
E io, determinato a far valere i miei diritti e a lottare contro ogni sopruso che afligge la terra di Sicilia, ho accompagnato mio padre a comprare catene e catenacci.