Due Madri - il booktrailer - in libreria dal 14 aprile

martedì 28 aprile 2009

Lancio la sfida: fotografate e sarete premiati

Mi ero riproposto di resistere, ma perchè avrei dovuto? Alzi la mano quello scrittore che il giorno dell'uscita del proprio romanzo non si è fatto il giro delle librerie (almeno quelle vicino casa o intorno all'ufficio) per 'controllare' che sia esposto bene. Bene, io l'ho fatto e questo è quello che ho visto, con grande soddisfazione, alla Mel Bookstore di via Nazionale e alla Feltrinelli di Piazza Esedra.Anzi lancio un'idea: fotografatevi insieme com 'In terra consacrata' nella vostra libreria di riferimento/fiducia/passaggio o, se siete troppo timidi, fotografate solo il libro. Spedite la foto via mail a ugo.barbara@libero.it e la pubblicherò sul sito. La vostra buona volontà sarà ricompensata con un racconto inedito con dedica.

Suini / 2

Dopo Michael O'Leary, é toccato ad Adolfo Cerezo, direttore finanziario della compagnia telefonica messicana Telmex, farsi sfuggire una battuta più che cinica sulla febbre che proprio nel suo Paese ha ucciso, fino ad adesso, oltre 140 persone. Più i messicani si preoccupano, più telefonano; più telefonano, più ingrassa il portafogli dell'operatore telefonico: "Sto incrociando le dita - ha detto Cerezo, durante una conference call sui risultati aziendali, - questo potrebbe avere un impatto positivo per Telmex".

Suini / 1

L'influenza da suini uccidera' solo i "baraccati": con questa discutibile battuta l'amministratore delegato della Ryanair, Michael O'Leary, ha provato a rassicurare i viaggiatori che non si corrono particolari rischi a prendere l'aereo. "E' una tragedia solo per chi vive nelle baracche in Messico o in Asia", ha commentato, "ma la coppia di Edimburgo rientrata dal viaggio di nozze morirà? No, un paio di anti-virali metteranno le cose a posto". O'Leary non é nuovo a sortite ad effetto per reclamizzare la sua compagnia low cost. L'ultima ha riguardato la proposta di far pagare l'uso della toilette a bordo.

lunedì 27 aprile 2009

Leggi le prime pagine di 'In terra consacrata'

Ci siamo: il mio nuovo romanzo, "In terra consacrata", sarà domani n tutte le librerie. Dare un'occhiata al booktrailer magari vi ha incuriosito e se volete saperne di più, cliccate qui e seguite le semplici istruzioni del sito 'megaupload' per scaricare le prime pagine in formato .pdf. E' un'operazione estremamente facile: basta inserie il codice indicato nello spazio apposito e cliccare su 'scarica file'.
Roma, 1983: una ragazzina di quindici anni, cittadina vaticana, svanisce nel nulla. Venticinque anni dopo un giovane avvocato deve far luce su quella vicenda se vuole salvare se stesso e ciò che resta della sua famiglia.
L’unica strada che può seguire è quella indicata da Anna Marzani, una donna finita, rovinata dalla cocaina, ridotta all’ombra della bellezza di un tempo quando, negli anni Ottanta, era l’amante del capo di una banda criminale che aveva terrorizzato Roma. Per alleggerire la posizione di sua figlia Valeria, arrestata per droga, è disposta a rivelare quello che sa su quella scomparsa.
Non tutti però vogliono crederle.
Non Settimio Chiosi, il magistrato che per venticinque anni ha vagliato ogni indizio, ogni pista, ogni ipotesi nel tentativo di venire a capo della vicenda; né Francesco Lannuzzi, il pm che gli è subentrato.
Eppure Fabrizio Rebecchi, un giovane avvocato dello studio penale che segue la Marzani da sempre, dà credito alle sue rivelazioni e decide di portare allo scoperto quello che la donna ha soltanto lasciato intendere. Man mano che gli elementi del passato emergono a formare un quadro agghiacciante, Fabrizio capisce che chi ha colpito un tempo è pronto ad agire di nuovo e che dietro la scomparsa della ragazzina vaticana si nascondono trame perverse e poteri occulti, disposti a tutto perché la verità rimanga per sempre sepolta.

“In terra consacrata” si ispira a uno dei misteri più oscuri dell’Italia contemporanea. Con la collaborazione di Rosa Polito, cronista giudiziaria dell’Agi, parte dalle più recenti rivelazioni sulla scomparsa di Emanuela Orlandi per tratteggiare una trama fitta di intrighi.
Una storia che si inserisce nel filone della new italian epic e si sviluppa in un thriller che non lascia respiro, rievocando anni di indagini su scandali finanziari, complotti e connivenze tra crimine organizzato e istituzioni.

Alla base del romanzo – che segue il successo de ‘Il Corruttore’ – c’è un intenso lavoro di ricerca compiuto su migliaia di pagine di documentazione: dal crack del Banco Ambrosiano ai legami tra Banda della Magliana, Cosa Nostra, massoneria e banca vaticana.

sabato 11 aprile 2009

Grado zero / 2

Un'esperienza da non fare.


E' quello che mi ha detto uno dei nostri inviati appena tornato dall'area del terremoto. E' uno che nella sua vita ne ha viste di tutti i colori: Mogadiscio, Kabul, Baghdad, Kukes. E che ogni volta ne è tornato con un bagaglio di aneddoti e racconti, a volte persino comici e surreali. E ogni volta dicendo: "un'esperienza da fare".
Ma questa volta non è andata così.
E' peggio della guerra, ha detto. Molto peggio. Non c'è un nemico, non ci sono buoni e cattivi, non c'è nulla che possa preparare all'idea. E' solo dolore e morte e disperazione. Quella di chi ha perso tutto; quella di chi ha scavato per ore a mani nude seguendo una voce che si è fatta sempre più flebile; quella di chi è ancora il sindaco, ma non si sa più di cosa.
I giornalisti sono affamati di disastri, è vero. Ma non di tragedie. Chi pensa che si possa godere a vivere immersi nella disperazione non ha capito niente non solo del mestiere di giornalista, ma della vita.
Le guerre, i terremoti, le alluvioni, generano nella gente la voglia di sapere ed è per soddisfare questa esigenza (che non è sempre necessariamente voyeurismo, come invece sostengono alcuni maitre a penser da Bar dello Sport) che i giornalisti si mobilitano e si accollano di dormire in auto, di passare un paio di giorni senza mettere niente sotto ai denti e di gelare in un camper adibito a redazione anche se a pochi chilometri di distanza ci sono le loro case salde, calde e piene di ogni ben di Dio.
E' vero: si parte carichi di adrenalina. Ma si torna spompati, distrutti, con l'istinto di non far vedere le ferite che assistere a cose terribili ha aperto nell'animo, ma con la faccia che tradisce ogni singolo sentimento.
"Non c'è nessun valore aggiunto nel raccontare una tragedia come questa" mi ha detto l'inviato, "lo fai perché devi e basta. Ma vorresti non averlo mai fatto".

giovedì 9 aprile 2009

Grado zero / 1

Pagine amare e pagine dolorose e strazianti. Ma anche pagine surreali, come quella che segue.
Un imprenditore palermitano vuole donare un milione di euro per ricostruire l'ospedale de L'Aquila.
Peccato che quei soldi siano sotto sequestro.

Un imprenditore di Palermo condannato in primo grado a 9 anni per riciclaggio, Giovanni Costa, 55anni, vorrebbe donare 500 mila euro per la ricostruzione dell'ospedale de L'Aquila. ma il suo patrimonio da circa 10 milioni e' stato sequestrato dalla Procura. La donazione risulta dunque assai difficile. Sulla richiesta di Costa di svincolare la somma da uno dei suoi depositi bancari dovranno esprimere un parere la Procura generale di Palermo e il curatore dei beni sequestrati, Nicola Ribolla. Costa, che da tempo risiede a Bologna, e' stato condannato perché avrebbe riciclato il denaro di alcuni mafiosi e quello proveniente dalla truffa ordita da Giovanni Sucato, il cosiddetto "mago dei soldi" che nei primi anni '90 raggiro' centinaia di palermitani promettendo di restituire raddoppiato in pochi giorni il denaro che gli veniva affidato.
"Sono rimasto molto impressionato del terremoto in Abruzzo. Mi hanno colpito le immagini dell'ospedale crollato a L'Aquila, e i bambini senza casa e senza scuola. Per questo motivo ho deciso di donare da 500 a un milione di euro per ricostruire l'ospedale o una scuola" ha detto Costa che vuole donare un milione di euro. "I soldi sono miei - dice - anche se sono sotto sequestro giudiziario. La mia vicenda processuale non c'entra nulla con la mia intenzione di donare e aiutare chi soffre per il terremoto. Per questo ho chiamato i miei avvocati e il custode giudiziario affinché'questa somma sotto sequestro possa essere destinata a fare del bene". "Ci tengo a precisare - conclude - che i beni, prima del dicembre 1990, sono stati in mio possesso e non sono mai stato in collegamento con le cosche mafiose e non ho mai raccolto soldi per conto di Sucato". (Agi e Ansa - foto di Giuseppe Lomonaco)

sabato 4 aprile 2009

Grandi aspettative

Lo confesso: quando ho rimesso piede al Liceo Umberto, più di vent'anni dopo esserne uscito, l'ho fatto soprattutto per me stesso. Tornare nel proprio Liceo, nei panni di insegnante, è come una festa a sorpresa: un'emozione che tutti dovrebbero provare. E' come un messaggio, il segnale che si è fatto qualcosa di buono nella vita.
Non è cambiato molto. Ho la vaga idea che alcuni banchi siano ancora quelli di allora e se le aule mi sono sembrate più piccole è solo perché è stato montato il controsoffitto. Ho ripensato ai miei compagni di scuola. Alle grandi aspettative che circondavano alcuni di noi e alle grandi sorprese che sono seguite. Se scorro l'elenco posso contare un regista cinematografico e uno televisivo, un oncologo, un cardiologo e (dicono) un neurochirurgo; un medico che organizza missioni umanitarie in Africa; un chimico che anni fa ha vinto il premio come più brillante giovane scienziato europeo; un architetto e un numero imprecisato di insegnanti, tra cui una che sta proprio lì, all'Umberto.
Poi ho incontrato loro, quelli che per 25 ore sarebbero stati i miei allievi. Sono abituato ad avere una paio di centinaia di studenti in aula alla Sapienza, ma un gruppo di ragazzini diciassettenni che per tre ore al giorno devono sentirmi parlare di scrittura creativa - mi sono detto - è un'altra cosa. Avevo ragione: è stata un'altra cosa. Un'esperienza straordinaria. Una di quelle che riconciliano con il mondo e che mi hanno convinto che per una città come Palermo c'è ancora speranza.
Intelligenze vivaci, pronte, costruttive e creative. Pungenti e reattive. Riserve di energie illimitate, voglia di fare, volontà di restare sui banchi per altre tre ore dopo cinque ore di lezione avute al mattino.
Non uno, non uno di loro mi ha deluso. Persino i più irrequieti/e (c'erano anche quelli/e). Mi sono divertito, mi sono rinfrancato. E andando via ho varcato il portone con un sorriso che non era più malinconico.

giovedì 2 aprile 2009

Una storia da raccontare

La primavera fa tornare gli stagisti. Può suonare poetico, ma non lo è: sono come le rondini e tendono a tornare nell'ultimo nido che hanno avuto. A volte gli dice bene - se hanno dimostrato di saper lavorare, se hanno lasciato un buon ricordo, se hanno saputo fare squadra e se hanno stanato notizie - e beccano una sostituzione estiva. Ma quest'anno la vedo magra. Davvero magra. E quando chiamano per dire 'domani passo' mi si stringe il cuore perché non soltanto so di non poter promettere nulla (questo non ho mai potuto farlo) ma sono consapevole del fatto che quest'estate nella maggior parte dei posti in cui andranno a bussare riceveranno sorrisi sconfortati e poco altro. Anche se si sono fatti valere. Anche se in tanti saremmo pronti a scommettere la carriera sulle loro capacità.

C'è una storia però che va raccontata. E' di un paio di anni fa (pre-crisi, pre-tutto) ma è a lieto fine e Dio sa quanto c'è bisogno di storie a lieto fine di questi tempi. E poi è la storia di un allievo dell'Ifg di Urbino e quindi c'è anche un po' di sano orgoglio di appartenenza.


E' la storia di Lorenzo Luzi.

COME SONO STATO ASSUNTO A BLOOMBERG TV
Un esame scritto di oltre tre ore, sette colloqui in inglese e molta voglia di passare dall’altra parte. Dalla parte di quelli che un lavoro ce l’hanno. Ecco cosa mi è servito per essere assunto a tempo indeterminato nella redazione londinese di Bloomberg Television. Nel primo gruppo di informazione finanziaria al mondo per essere assunti serve solo essere bravi ed avere qualcuno che nella tua bravura ci crede.
Prima di iscrivermi all’
IFG di Urbino per apprendere le basi del giornalismo, avevo già lavorato per un anno intero in una tv che produce notiziari finanziari in Italia e che trasmette sul satellite. Un anno importante in cui oltre ad aver deciso cosa fare da grande, ho conosciuto molti altri giovani giornalisti o aspiranti tali come me. Tra questi più di un collega è passato a Bloomberg negli ultimi 36 mesi e ogni volta che in questo lasso di tempo ho provato a mandare il mio curriculum a Londra qualcuno diceva di conoscermi. Ma per molti mesi nessuna risposta.
Intanto una scelta in controtendenza. Dopo un anno di lavoro “nell’ambiente”, sono tornato sui banchi di scuola. La scuola di giornalismo di Urbino. Una lunga pausa di due anni. Una scelta che rifarei. Sono rimasto lontano dal mondo del lavoro per buona parte dell’anno è vero, ma ho imparato a cercare e raccontare. In quella scuola ho incominciato ad imparare il mestiere che sapevo di voler fare, senza perdere nulla di quello che avevo seminato prima di cominciarla. Sì perché se fai bene il tuo lavoro alla fine qualcuno (che sia un capo non è necessario), se ne ricorda di sicuro.
Ed è così che sono stato chiamato, proprio alla fine della scuola, proprio quando ormai dalla mia esperienza precedente credevo di non poter trarre più nulla per il futuro. Un ex collega mi ha cercato. Si ricordava di me. Mi ha detto “Guarda che qui cercano e io ho fatto il tuo nome”. Se non ho capito male a Bloomberg chi propone una persona che viene poi assunta prende un piccolo premio in busta paga. Una forma di raccomandazione pare funzionare molto bene visto che le assunzioni del gruppo solo quest’anno sono nell’ordine delle centinaia.
Una volta passato lo scoglio dello scritto di tre ore abbondanti tutto in inglese e una parte in italiano su temi correnti di finanza e macroeconomia, il resto è stato tutto molto graduale. Ci ho messo circa due mesi a fare tutti colloqui. Dal mio capo diretto di Londra al braccio destro di Michael Blooomberg stesso.
In ogni telefonata ero messo alla prova. Prima sulla motivazione, poi sulle competenze, poi sulle richieste di trattamento.
In uno degli ultimi colloqui, una delle domande è stata “Cosa potrebbe farti decidere di non accettare la nostra offerta?”. Tornando indietro forse non lo rifarei, ma ricordo di aver risposto: “Avere la certezza di dover fare gli straordinari per una azienda che non me li riconoscerebbe mai e che prenderebbe come dovuta la mia dedizione. Sapere che siete un’azienda che sfrutta i giovani e la loro voglia di lavorare”.
Due settimane dopo l’ultimo colloquio. Una formalità. Poi la telefonata delle Risorse umane, il contratto spedito a casa in una notte, la firma la mattina dopo e l’inizio di una vita nuova.

Centouno

Questo è il mio post n° 101.
Andava celebrato.