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giovedì 8 maggio 2008

L'allegro soffiare sul fuoco del nazionalismo cinese

Continuo a scrivere, ma non riesco a immaginare come vengano fuori i miei post, quindi se ci sono degli orrori di impaginazione e refusi vari perdonatemi!
Oggi una delle nostre accompagnatrici - Michelle Xiao - mi ha confessato che l'impressione che ho avuto in questi quattro giorni è fondata. Migliaia di cinesi espatriati stanno tornando in Cina per dare una mano all'organizzazione delle Olimpiadi. Si tratta di persone peziosissime per la loro padronanza dell'inglese e per la profonda conoscenza delle realtà occidentali. Michelle, per esemoio, ha vissuto per quattro anni in Australia. Il suo inglese ha un simpatico accento 'aussie', ma è cinese come un involtino primavera ed è orgogliosa di esserlo. Il suo caso però è molto diverso da quello di Danni, che è nata in Australia, a sei anni si è trasferita in Canada, a 12 è tornata in Cina per imparare bene il cinese, poi è ritornata in Canada e da qualche mese è a Pechino al servizio del Bocog, il comitato organizzatore dei Giochi.
Danni è molto in gamba, ma quello che mi ha veramente stupito è il suo nazionalismo sfrenato. Il suo orgoglio di essere cinese e di abitare in una città che sta vicendo un'esperienza così straordinaria (e rivoluzionaria) va molto oltre la semplice propaganda. Quello che l'Occidente ha fatto, minacciando il boicottaggio dei Giochi e permettendo che la staffetta della fiaccola si trasformasse in una farsa superblindata, è stato alimentare questo nazionalismo che si è diffuso più velocemente di quanto le stesse autorità avessero previsto. Se una ragazza di venticinque anni che ha vissuto per la quasi totalità della propria vita in posti come l'Australia e il Canada sviluppa un senso di appartenenza così forte, allora non solo il Dalai Lama dovrà vedersela con una Cina ancora più arrabbiata con chi sta cercando di rovinarle la festa, ma tutti noi avremo a che fare con una gigante che non si sente compreso e che - ci piaccia o no - presto terrà tra le dita i cordoni della borsa.
P.S.: una curiosità: Michelle non è il suo nome: per facilitare le cose agli occidentali lo staff del Bocog che è a stretto contatto con i 'westners' si è scelto un nome più familiare. Michelle si chiama in realtà Ling.

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