Due Madri - il booktrailer - in libreria dal 14 aprile

martedì 15 dicembre 2009

Piccoli editori crescono, in barba alla crisi

Piccoli editori crescono.
se non so più quale sia la discriminante tra un piccolo editore che non sbaglia un colpo, un grosso editore che manda al macello i propri autori, un grosso editore che non azzecca un colpo da dieci anni e un grosso editore che ha talmente poca cura dei propri titoli da non accorgersi di spararne uno uguale a un altro uscito da appena un anno.
Ma si parlava di piccoli editori che crescono e anche se non ho alcun legame con loro ho scoperto con piacere che una delle realtà più interessanti, anche se non più giovanissime, come Minumum fax ha segnato nell'anno di crisi 2009 il proprio maggior risultato di sempre e ha superato per la prima volta la soglia dei 2 milioni di euro, con un incremento di fatturato del 28% rispetto al 2008.
Secondo un'indagine Nielsen, il cui indice delle vendite dei libri è l'unico attendibile, anche se (ahimè) non tiene conto della grande distribuzione (ipermercati e supermercati) Minimum fax si attesta al terzo posto tra gli editori italiani col più alto indice di crescita.
Ha sicuramente influito su questo dato il lancio del titolo trainante della stagione, Revolutionary Road di Richard Yates, che (ripubblicato in occasione dell'uscita del film di Sam Mendes) ha superato le 50.000 copie. Con ancora più piacere ho scoperto che tra gli altri titoli significativi c'è Il tempo materiale di Giorgio Vasta.
Leggendo questi dati ho sorriso perchè la mia memoria è andata a tanti anni fa, quando una mia amica iniziò a collaborare con loro. "Sono una banda di sciamannati" mi disse, "ma andranno lontano, ne sono sicura". Lei, però, un po' come fece Simon Colley con i Duran Duran, non ebbe la lungimiranza di capire quanto lontano sarebbero arrivati e finì per dedicarsi ad altro.

sabato 12 dicembre 2009

Scrittori e scriventi

Dovevamo essere in dodici, ci ritroviamo in tre. Dodici, certo, non lo saremmo stati mai. Le possibilità di vedere la Salma e Scarpa sullo stesso palco o forse anche solo nella stessa sala senza che la tensione fulmini qualche innocente sono infinintesimali. Per gli altri, si sa, valgono le regole delle allegre comitive: pacche sulle spalle, promesse di non perdersi di vista e poi ognuno per la sua strada. Strade che a volte tornano a incrociarsi - come è accaduto a me e a Massimo Lugli travolti dalle novità sul caso Orlandi - o agli altri che si ritrovano periodicamente nelle fiere, nei saloni, nei festival e ai premi.
Noi ci siamo ritrovati a Benevento: io, Giorgio Vasta e Filippo Bologna. Una missione rapida e indolore. Addirittura piacevole: andare a incontrare i ragazzi delle scuole superiori per parlare di libri e non solo di libri.
Vasta lo vedo subito che vaga perplesso in testa al binario 9 di Termini. E' in piedi da un'ora vergognosa, si sta scapicollando da Torino e delle prossime 24 ore 10 le passerà in viaggio. Onore al sacrificio.
Filippo Bologna ci raggiunge quando siamo appena saliti sull'Eurostar, mentre la quarta compagna di viaggio dà forfait per sopravvenuta influenza. Gli altri - gli organizzatori dello Strega - sono già in viaggio da ore, il portabagagli dell'auto pieno di libri. Onore al sacrificio II.
Sono reduce dal clima da gita scolastica dello Scerbanenco e quella di questo vagone non si può esattamente definire un'atmosfera goliardica. Ho letto durante l'estate lo straordinario libro di Giorgio e mi sono già costruito la mia personale, netta percezione della differenza che c'è tra di noi. Ogni parola del suo libro è pesata con un bilancino che io non saprei neppure dove andare a comprare, anzi che probabilmente neppure si vende. Un bilancino che si è fatto da solo, lavorando anni per aggiungere un pezzo dopo l'altro. Anche Filippo se n'è fatto uno tutto suo, con un lavoro che lui stesso definisce da tombarolo. Non parlano mai di premi, di numeri di edizioni, di copie vendute, delle capacità di questo o di quell'agente. Parlano di Lingua. Di una Lingua che hanno esplorato e che conoscono in un modo talmente profondo da averla assunta a metro di giudizio. Tanto da averle sottomesso la storia.
Ecco, è questa la differenza: loro mettono la storia al servizio della Lingua, io metto la lingua al servizio della storia. Quando parlando di un libro - e ne snocciolano almeno una ventina che non solo non ho letto, ma di cui non ho mai neppure sentito parlare - non giudicano solo la storia. Anzi a volte non la valutano affatto. Parlano della Lingua. Di ciò che le parole hanno evocato non attraverso quella sensazione che spesso si prova e che si cerca di esplicitare dicendo "bello, come vedere un film", ma attraverso ciò che la Lingua, attraverso le parole, ha costruito. Le parole sono il blocco di marmo e lo scalpello è la conoscenza che di quelle si ha. L'opera finale è ciò che la Lingua ha impresso al blocco di marmo e che può essere armonico e meraviglioso o assurdo e stupefacente o chissà cos'altro.
Ma che sento distante da quello che faccio io.
Come andare in giro per librerie dell'usato. Filippo e Giorgio tracciano sotto ai miei occhi una mappa nazionale delle migliori librerie dell'usato dividendole addirittura per tipologie, per specializzazioni, per classi. Si entusiasmano per il ritrovamento in una bancarella di un libro che credevano perduto e irraggiungibile. E mentre io mi glorio della mia tessera della biblioteca di Campagnano che mi permette di continuare a leggere quello che più mi va senza dover affrontare l'oneroso impegno di mettere ordine nella mia strabordante libreria, Giorgio mi confessa che i libri preferisce possederli perché così può scriverci sopra.
Arriviamo a Benevento. Fa un freddo pazzesco, ma la bella città che ricordo dall'estate scorsa è ancora più affascinante. Il teatro è pieno di ragazzi: ci illudiamo che siano qui per noi e non solo per risparmiarsi il pomeriggio di studio. Lo spero per loro più che per noi perché gli interventi di Giorgio (su Fenoglio) e di Filippo (su Bianciardi) sono davvero un tesoro da raccogliere e conservare. Io ho portato il Gattopardo e mentre leggo le pagine del Principe e delle scimmiette ho la pelle d'oca.
Meno di due ore in tutto, poi l'assalto ai nostri libri esposti sul tavolo all'ingresso (omaggio del Premio) e al buffet. Un buffo signore che avrebbe fatto la felicità di Lombroso, dà periodico e indefesso assalto a un alberello di Natale ornato di cioccolatini Strega che strappa con furia dai rami e tesaurizza nelle tasche. Poi si accorge che tutti abbiamo notato le sue movenze da pesce spazzino e facendo il vago punta verso il vassoio della pizza farcita.
Altre due ore a spasso per la città, per vedere la città di luce e siamo sul treno del ritorno. Giorgio mi mostra "Jimmy Corrigan. Il ragazzo più in gamba sulla Terra" una fantastica Graphic Novel di Chris Ware. E di nuovo si parla di libri e di scrittura. Ma mai di storie. Di nuovo mi sento lontano dal loro modo di intendere questa cosa che comunque ci unisce e ne sono affascinato. Mi stupisce questa loro capacità di scrivere a prescindere dal lettore, pensando prima di tutto alle parole e alla Lingua e solo dopo alla storia. Pur riconoscendo - e citano un paio di casi - che senza storia si può avere tutta la Lingua del mondo, ma non si va lontano.
La loro Lingua e le loro parole hanno reso questo viaggio breve. Ci salutiamo senza le formule di rito: "ci vediamo" e neppure "sentiamoci, eh...". Se accadrà, accadrà. Se sui sentieri della Lingua o su quelli delle storie, non importa.

giovedì 10 dicembre 2009

E il Premio Scerbanenco va a...

Faccio fatica a svegliarmi. Sarà perché in montagna dormo come una pietra. Ma anche al mare in realtà. Anzi, per dirla tutta dormo come una pietra in qualunque circostanza purchè non ci sia un’urgenza a fiatarmi sul collo. E questa mattina non c’è alcuna urgenza, solo un piacevole impegno: fare colazione con Maurizio De Giovanni e sua moglie Paola. Li raggiungiamo, in ritardo, nella sala da pranzo dell’hotel, dove troviamo una sorpresa: i sardi. O meglio, quello che resta della pattuglia dei sardi: Giulio Angioni e Giorgio Todde. Che, per darvi un’idea, sono due scrittori veri. Antropologo, vincitore del Premio Dessì e del Premio Mondello Angioni; oculista noirista vincitore del Berto e creatore (o meglio resuscitatore) di Efisio Marini l'altro. Entrambi con il pregio di essere esilaranti come i due vecchietti del palco del Muppet Show. Così tra una chiacchiera e l’altra, complice la giornata spettacolare che si è aperta su Courmayeur, arriviamo in ritardo al primo appuntamento vero della giornata: la tavola rotonda su Piazza Fontana. A moderarla c’è un vecchio amico, Gaetano Savatteri. Gli altri non li conosco, ma è tutta gente che mi aiuta a comprendere qualcosa di una vicenda di cui non so un bel niente e ho colpevolmente trascurato. Sullo schermo passano le immagini del dicembre 1969: io avevo due mesi e Bruno Vespa stava già in tv.
Dobbiamo andare via prima: a mezzogiorno c’è la mia presentazione al Jiardin de l’Ange. Non mi faccio molte illusioni, Courmayeur si è svuotata e a mezzogiorno qui si mangia. Ma non ho fatto i conti con l’amore per il noir che porta fin qui appassionati da ogni dove, così di gente in sala ce n’è più di quanta sperassi. Fila tutto liscio: Valerio Calzolaio è brillante e conosce a fondo il romanzo; il pubblico è attento e la mezz’ora a nostra disposizione fila via come una chiacchierata tra amici. Finita la presentazione Maurizio e Paola insieme ad Angioni e Todde hanno avuto una grande idea: approfittare della bellissima giornata per andare sul Monte Bianco. All’una e cinque siamo ai piedi della funivia, ma – siccome sono solo i terroni che non hanno voglia di lavorare – qui si fa la pausa dalle 13 alle 14, quindi ci rassegniamo a mangiare polenta e fonduta in uno chalet vicino. Dove però il proprietario è calabrese così come – ci viene rivelato – il 60 per cento della popolazione di Courmayeur. Ecco forse spiegata la pausa pranzo alle funivie.
Satolli entriamo in una cabina degli anni ‘50 (e orgogliosa di esserlo) che a tappe ci porta fino a 3.400 metri. Su di noi volteggiano i gracchi delle Alpi, l’aria è quasi immobile, il freddo è così secco che i –2 nemmeno si sentono. Intorno a noi si erge una corona così stupefacente che si può immaginare la mano di Dio mentre la intaglia.
Torniamo a Courmayeur che è quasi ora della presentazione di Donato Carrisi e di Maurizio. Abbiamo saputo che i giurati sono già in conclave, ma preferiamo non pensarci: c’è ancora troppo da divertici. Facciamo una nuova conoscenza: Roberto Ricciardi, un colonnello dei carabinieri che ha vinto il premio Tedeschi 2009 e si è conquistato la pubblicazione nel giallo Mondadori. Entra anche lui nel nostro clan sgangherato. Ci ritroviamo tutti al Jiardin de l’Ange e finalmente conosco Carrisi. E’ diverso da come lo descrivono. Potrebbe darsi più arie di una mongolfiera e invece è lì tranquillo che cerca di capire in mezzo a chi è finito. Il clan decide di abbassare la guardia e di iscriverlo ad honorem. Maurizio conduce la sua presentazione come uno skipper porterebbe una barca in porto e viene proprio voglia di conoscere il suo commissario Ricciardi. Riusciamo a trascinare Vichi e la Bucciarelli sul palco per la foto di famiglia in cui – manco a dirlo – compare anche Savatteri.
Si va a bivaccare nel grande salone dell’hotel Royal. Si chiacchiera di tutto; i crocchi si compongono e scompongono. Come per assisterci nella volata finale si sono materializzati gli editor e gli uffici stampa delle nostre case editrici.
Andiamo a cena tutti insieme. Si parla dei grandi misteri di questo Paese (è per questo che siamo qui, no?) e di cazzeggia mangiando nouvelle cousine alla valdostana. Poi, all’improvviso, sono le dieci. Nessuno di noi sembra aver saputo in anticipo chi ha vinto. Forse, memori dell’amarezza che contraddistinse le ultime battute della scorsa edizione, i giurati sono riusciti a rispettare e a far rispettare la consegna del silenzio.
Arriviamo alla cerimonia in ritardo. Poi tutto accade in fretta, molto in fretta.
Alla mia destra ho Maurizio; alla mia sinistra la Bucciarelli.
E’ Cecilia Scerbanenco a leggere il verdetto.
Marco Vichi, con Morte a Firenze.
Cavolo, c’avevo sperato.
Vichi si volta verso la Bucciarelli per esprimerle il suo sgomento.
Elisabetta sembra prenderla bene.
Io batto le mani.
Prima ancora di aver il tempo di metabolizzare, cominciano a scorrere le immagini del film Zombieland. Beh, è un po’ troppo e non solo per me.
Ci rifugiamo in un posto molto fighetto, il bar Roma, dove ci ritroviamo tutti, ma proprio tutti. Finalisti (manca la Bucciarelli che è già partita per Milano), mogli, compagne, giurati (alcuni), giornalisti e… Savatteri. Ordiniamo la grolla dell’amicizia, una specie di bomba alcolica che sa di napalm (sì, l’ho assaggiato e allora?) alla quale appozziamo tutti insieme. Con ammirabile maestria Savatteri guida il cazzeggio. E’ una serata tra amici; non ci sono né vincitori, né vinti. Da domani saremo di nuovo tutti sulla tastiera del pc a buttar giù il prossimo romanzo, magari pensando all’edizione dello Scerbanenco che dovrà vincere.
Con colpo di classe finale Savatteri convince/costringe Vichi a pagare il conto. Dal suo premio vanno scalati 122 euro di alcolici ad alta gradazione.

mercoledì 9 dicembre 2009

Couurmayeur, i sardi e il nero

Primo giorno di Noirfest. Stessa atmosfera dell'anno scorso, ma con meno neve. Per fortuna: posso finalmente vedere che faccia ha Courmayeur. E qualche sorpresa: prima fra tutte Maurizio De Giovanni uno che - come ha potuto sperimentare chi ha seguito il forum sul sito del Noirfest e qualche botta e risposta su l'Angolo Nero - non le manda a dire. Ci siamo presi subito con Maurizio e lo stesso hanno fatto le nostre mogli: non siamo dei grandi frequentatori dell'ambiente e condividere un certo spaesamento fa sentire meno la sindrome del pesce fuor d'acqua. Il sole ci ha accolto nello struscio da Immacolata: bella gente, belle macchine, bei soldi. Mancano solo le Mini che l'anno scorso affollavano ogni angolo di Courmayeur, ma mi sembra di aver capito che mostrando teutonico coraggio lo sponsor dell'anno scorso ha suonato la ritirata e ha lasciato tutto nelle mani delle tanto bistrattate istituzioni che invece non si sono tirate indietro e anche quest'anno hanno fatto marciare il festival. Rintronati dalla sveglia alle sei, dall'alta quota e da una micidiale crepe con speck e brie abbiamo avuto solo il tempo di riprenderci un po' e poi via al primo appuntamento: la tavola rotonda Meglio sardi che noir. Un'ora filata liscia come l'olio, a parlare di sarditudine, di noiritudine, delle maledizioni insulari e di antropologia con Marcello Fois che coordinava una nutrita e interessante pattuglia di sardi scelti ad hoc. Poi le presentazioni dei primi due finalisti dello Scerbanenco: Elisabetta Bucciarelli e Marco Vichi.
Fuori fa -7 quando ci rintaniamo in un bar a sorseggiare irish coffee e cioccolta calda. Maurizio racconta la sua straordinaria avventura editoriale e si lascia ascoltare come sa fare un grande affabulatore. A cena la sindrome del pesce fuor d'acqua torna a farsi sentire fino a quando non arriva la pattuglia di sardi che qui non ha niente da vincere da perdere. Con loro si parla di tutto - proprio tutto - dai libri di Alajmo al silenzio di Piazzese, da Distretto di Polizia ai dieci libri italiani più venduti in Italia negli ultimi 100 anni (per la cronaca il primo è Il Gattopardo e il decimo Va' dove ti porta il cuore). Si mangia bene e si chiacchiera ancora meglio. Poi tutti (o quasi) a vedere Jennifer's body, scritto da Diablo Cody (Juno) che si fa vedere sul palco più easy di come uno se la immaginerebbe. Vado a letto con la conferma che l'horror non è proprio il mio genere.

lunedì 7 dicembre 2009

Courmayeur Express

Bagagli essenziali, macchina fotografica a posto, biglietti a portata di mano. Domattina si parte per Courmayeur. L'impegno - che spero di mantenere - è di darvi su queste 'pagine' un resoconto dettagliato di ciò che accadrà. E ne accadranno delle belle, ne sono convinto, visto soprattutto chi saranno i miei compagni di avventura. L'appuntamento, per quanto mi riguarda, è mercoledì 9 alle 12 al Jardin de l'Ange, dove Valerio Calzolaio presenterà In terra consacrata per la finale del Premio Scerbanenco. Chi sarà da quelle parti si faccia vedere!

venerdì 4 dicembre 2009

Auguranti e augurati

Ho ricevuto questa cosa che, prima che si trasformi in una insopportabile catena di Sant'Antonio, ho trovato esilarante, oltre che assolutamente calzante rispetto ai tempi che viviamo:

Io sottoscritto (d'ora in avanti "l'Augurante") chiedo al mio interlocutore
(d'ora in avanti "l'Augurato") di accettare senz'alcun obbligo, implicito o
esplicito, i voti più sinceri dell'Augurante (d'ora in avanti "gli Auguri")
affinché l'Augurato possa trascorrere nel migliore dei modi (ove nella frase
"migliore dei modi" si sottintende da parte dell'Augurante e si presuppone
da parte dell'Augurato un atteggiamento che tenga conto delle problematiche
di carattere sociale, ecologico e psicologico, che non sia causa di tensione
e/o competizione, né comporti o favorisca alcun tipo di assuefazione o di
discriminazione, sia sessista, sia di diverso carattere) per la festività
coincidente al Solstizio d'Inverno convenzionalmente nota come "Natale", ma
che può essere chiamata e celebrata dall'Augurato secondo le sue tradizioni
religiose e/o laiche, premesso il debito rispetto nei confronti delle
tradizioni religiose e/o laiche di persone di qualunque razza, credo o sesso
diverse dall'Augurato, ivi comprese coloro che non praticano alcuna
tradizione religiosa e/o laica.
Qualsiasi riferimento a qualunque divinità, figura mitologica, personaggio
tradizionale, reale o leggendario, vivo o morto che sia; a simboli (ove sono
compresi tra l'altro - ma non limitativamente - canti e rappresentazioni
artistiche, letterarie e sceniche) religiosi, mitologici o della tradizione
che possa essere ravvisato direttamente o indirettamente nei presenti Auguri
non implica da parte dell'Augurante alcun sostegno nei confronti della
figura o del simbolo in questione.

L'Augurante chiede inoltre all'Augurato di accettare gli auguri per un
felice (ove l'aggettivo "felice" viene definito tra l'altro - ma non
limitatamente - come "gratificante dal punto di vista personale,
sentimentale e finanziario e privo di complicazioni di carattere medico,
dirette o indirette") anno 2010.
L'Augurante sottolinea che la datazione "2010" è qui considerata come
convenzionale, così com'è considerata convenzionale la data del 1° Gennaio
come inizio dell'anno, e dichiara il suo assoluto rispetto per altri tipi di
datazione legati alle differenti culture religiose e/o laiche di cui
l'Augurante riconosce il prezioso contributo allo sviluppo dell'attuale
società multietnica.

Augurante e Augurato convengono inoltre su quanto segue:

- Gli Auguri valgono a decorrere dalla data del presente accordo al 31
Dicembre 2010, dopodiché dovranno essere esplicitamente rinnovati da parte
dell'Augurante.
- Gli Auguri non implicano alcuna garanzia che i voti di "felicità" espressi
dall'Augurante trovino un effettivo riscontro nella realtà dell'Augurato, il
quale non potrà attribuire all'Augurante alcuna responsabilità civile e/o
penale e/o morale per la loro mancata attuazione.
- Gli Auguri sono trasferibili a terzi purché il testo originale non subisca
modifiche o alterazioni. La libera diffusione del testo non implica tuttavia
il pubblico dominio del testo stesso, i cui diritti appartengono in ogni
caso al detentore del copyright.
- L'Augurante declina ogni responsabilità derivata dall'utilizzo degli
Auguri al di fuori dai limiti prescritti; in particolare, l'Augurante
declina ogni responsabilità per eventuali danni fisici o morali all'Augurato
e/o a persone e/o sistemi informatici a lui collegati derivati dall'invio
degli Auguri mediante E-Mail o qualunque altro metodo di trasmissione,
elettronico o di diverso genere, attualmente in uso, in fase di
sperimentazione o non ancora inventato.

giovedì 3 dicembre 2009

E' tornato il Dag

Sono stato alla presentazione del Dag. Ho dovuto fare qualche salto mortale per farcela, ma ne è valsa la pena. Come l'anno scorso, ma forse più dell'anno scorso, quando la presentazione della prima edizione di questo Dizionario Atipico del Giallo era sembrata una specie di scherzo, un tentativo di vedere come va. Quest'anno invece Maurizio Testa e Claudia Catalli (assente giustificata Alessandra Buccheri piegata dall'influenza) si sono resi conto di aver creato un prodotto che funziona. Non ne faccio una questione di numeri di copie: un dizionario (a meno che non sia lo Zingarelli) non entra nella top ten della classifica Nielsen, ma il Dag è stata e continua a essere (e spero che continuerà ad essere per molti anni a venire) una bella idea. In sostanza - per chi non lo ricordasse o non lo sapesse - è una rassegna (critica più che compilativa) degli eventi clou nell'ambito noir-giallo-thriller dell'anno che si avvia a conclusione. E non si dica che il mio entusiasmo per il Dag è dettato dal fatto che dedica ben tre pagine a In Terra Consacrata, perché posso vantarmi di essere stato tra i suoi primi sostenitori e in tempi non sospetti. Ma nel'austera Casa del Cinema a Villa Borghese questa'anno si respirava un'atmosfera diversa, più seria ma non per questo pallosa; meno festaiola e cazzara. Il Dag è stato riconosciuto come uno strumento di lavoro, mentre nella prima intenzione dei suoi creatori c'era quella di partorire un volumone da tenere sul comodino e consultare a tempo per fare un tuffo nel mondo dei criminali e dei disadattati; del vizio e del torbido prima di dare la buonanotte al mondo reale. Sulle spalle del trio Testa-Buccheri-Catalli si è invece depositato un rispettabile fardello: ci si aspetta che mantengano questo impegno anche l'anno prossimo (dall'editore Cooper lo si aspetta di default) e sempre con il rigore, ironico e istrionico, che ha contraddistinto i primi due volumi.
Un paio di note di colore:
1) Maurizio è stato così gentile da chiamarmi al tavolo per dire un paio di cose e gli chiedo perdono se ho preso più tempo del dovuto.
2) Ho finalmente conosciuto Enzo BodyCold e sua moglie con cui ho parlato di un sacco di di cose: dal Giappone alla graphic novel; dalle cose che accadono in una seduta di laurea a una collaborazione da inventare sull'asse New York-Roma. Sono simpaticissimi e mi dispiace non poter contare sulla loro compagnia a Courmayeur, anche se Enzo mi ha confessato di non aver votato per me allo Scerbanenco. Considero impegno preso l'idea di andarci a fare una birra insieme una di queste sere.

mercoledì 2 dicembre 2009

In Terra Consacrata è in finale!

E' fatta: In Terra Consacrata è in finale al Premio Scerbanenco. Certo non sarà facile: dovrò vedermela con Donato Carrisi, Marco Vichi, Elisabetta Bucciarelli e Maurizio De Giovanni, ma vorrei che la due giorni di Courmayer - 8 e 9 dicembre - fosse innanzitutto un'occasione per fare nuove conoscenze e divertirsi. Non c'è alcun buonismo in questo: parto consapevole di avere le carte in regola per vincere e so già che se non dovessi farcela ci resterei malissimo. Mi piacerebbe però che l'atmosfera fosse quella dell'anno scorso: una sconclusionata comitiva di scrittori che si ritrova quasi per caso in mezzo a due metri di neve a parlare di letture e scritture, di fesserie e di cose serie, magari senza darsi troppe arie. Sarebbe bello, no?