Due Madri - il booktrailer - in libreria dal 14 aprile

sabato 31 luglio 2010

Nessun eroe

Aspettavamo la cena. Eravamo su di giri perchè era finita. Se voleva Dio era finita. Indossavo l'ultima camicia pulita che mi era rimasta: le altre erano impregnate di sudore, lacrimogeni, gas urticanti, fumo e polvere. Non sarebbe bastato un ciclo in lavatrice per sbarazzarsi di quella puzza.

Aspettavamo la cena senza convinzione: non avevamo voglia di mangiare, ma una fame famelica, arretrata da giorni passati in strada a scansare le sassate, le molotov e le manganellate. Eravamo partiti in 12: una bella squadra di giornalisti, coordinata bene, per seguire il G8 di Genova. Sapevamo che ci sarebbero stati dei casini e così la pattuglia di cronaca era particolarmente nutrita. Gente in gamba, che aveva fatto la Somalia e non si sarebbe lasciata spaventare da quattro ragazzini armati di sanpietrini. E invece era andata a finire in un altro modo: c'era scappato il morto, la situazione era andata completamente fuori controllo e in strada ci eravamo ritrovati anche noi che eravamo partiti in giacca e cravatta e dovevamo solo seguire le delegazioni internazionali ai negoziati nella Stazione Marittima.
Ma ringraziando Iddio era finita. Nessuno di noi si era fatto male, a differenza di altri colleghi di altre testate che avevano preso botte e pietrate eppure l'indomani erano tornati in strada ansiosi di raccontare come sarebbe finita la battaglia di Genova.

La battaglia era finita e aspettavamo la cena raccontandoci quanto eravamo stati bravi, quanti buchi avevamo dato a quegli altri che erano il doppio di noi, ma si erano incartati come dei principianti.
Eravamo stati bravi, ed era finita. Non eravamo degli eroi e non pensavamo di esserlo. Avevamo raccontato quello che c'era da raccontare e l'avevamo scampata E questo era sufficiente. Neppure ne avevamo visti di eroi: nè tra i ragazzi che assaltavano i fuoristrada dei Carabinieri a colpi di estintore, nè tra i celerini che sparavano i lacrimogeni ad alzo zero.
Nessun eroe.
Aspettavamo la cena e all'improvviso i cellulari avevano preso a squillare. Uno, due, tre, poi tutti insieme. Stava succendendo qualcosa in una scuola. La polizia aveva preso d'assalto uno dei posti in cui si erano radunati i dimostranti.

I piatti erano appena arrivati, ma quelli della cronaca non li hanno neppure guardati: sono schizzati via mentre noi ancora pensavamo che ci eravamo illusi.
Non era finita.

domenica 25 luglio 2010

Elogio del coattume

Gli amanti delle conspiracy theory dovrebbero tralasciare per un po' le baggianate sull'11 settembre e sulle scie chimiche e concentrarsi su quello che Sky Tg24 sta facendo con un paio di ragazzotte romane molto, molto coatte. Complice la penuria di notizie e la calura estiva, qualcuno nell'edificio tutto-vetro di via Salaria deve aver pensato che può essere divertente giocare per qualche tempo a Ed-Tv e trasformare in un reality la vita di due borgatare sorprese a parlare come i personaggi di un film di Verdone sulla verdonissima spiaggia di Ostia.

Tutto è cominciato con un'intervista alle due - entrambi più o meno sedicenni - che dicevano di voler combattere la calura a colpi di Calippo e di bira. Il video dura meno di un minuto e prima che su YouTube avesse più di 500 visualizzazioni, Sky la sparava come 'il tormentone dell'estate'. In realtà non era affatto un tormentone, ma a forza di farlo passare in loop ogni mezz'ora, Sky è riuscito a farcelo diventare. E non contento di aver donato alle due il loro quarto d'ora di gloria, il Tg è tornato oggi con un servizio in cui mostra come siano diventate le star della spiaggia, puntino a fare cinema e tv e siano invitate a fare serate nei locali del litorale romano.

Chiosa finale su un dettaglio che il servizio cerca di far passare per trascurabile, ma che a ben pensarci trascurabile non è: una delle due a 16 anni è ancora in terza media perchè è stata seccata, cioè bocciata per ben due volte. "Però so' simpatica" si consola suggendo l'ennesimo Calippo davanti alla telecamera come se cercasse di consolare quelle migliaia di genitori che - attoniti davanti alla tv - si domandano perché le loro figlie, invece di perdere tempo a studiare, non cerchino di conquistare il loro quarto d'ora da Grande Fratello facendosi una bella bira sulla sabbia arroventata.

venerdì 2 luglio 2010

Uomini, scrittori e caporali al Ninfeo dello Strega

Ci sono occasioni in cui bisogna guardare ai dettagli. Dettagli che solo la tv può regalare e che possono svelare molte cose che stando sul posto non si potrebbero cogliere. Se ieri sera fossi stato al Ninfeo invece che a casa, mi sarei perso alcune piccole cose rivelatrici del carattere dei finalisti dell'edizione 2010 del Premio Strega. Il vincitore, innanzitutto. Antonio Pennacchi mi sta davvero simpatico, perché rappresenta quella romanità genuina che sono alcuni romani d'adozione riescono a coltivare e maturare. Ho letto degli estratti del suo 'Canale Mussolini' e sono convinto che deve essere un buon libro, tanto che la mia prossima puntata in biblioteca sarà per consegnare Nicolai Linin e ritirare il suo. Però non bisogna confondere le qualità dello scrittore con le qualità dell'uomo. Non svelo nessun mistero se dico che spesso ottimi scrittori sono uomini discutibili. E devo dire che ieri qualche perplessità me l'ha suscitata una battuta di Pennacchi. Una di quelle cose dette quasi senza pensarci, nella convinzione che i microfoni siano spenti o che quello accesso nei paraggi sia abbastanza lontano da non captare parole inopportune. Ieri sera Pennacchi è salito sul palcoscenico del Ninfeo con un bastone perché il mal di schiena gli impediva di muoversi con agilità. Quando i fotografi gli hanno chiesto di salire sul palchetto per essere più visibile, qualcuno lo ha aiutato e lui si è lasciato sfuggire questa battuta: "piano che sennò faccio la fine di mio fratello".
Conoscevo Gianni Pennacchi perché abbiamo fatto alcune missioni insieme. Era un buon giornalista, uno di quelli che non si danno arie e fanno bene il loro lavoro, senza risparmiare consigli ai colleghi meno esperti. E mi ha molto impressionato la fine che Gianni ha fatto. A Natale scorso si è arrampicato su una scala per prendere dal soppalco l'albero sintetico da addobbare, ha perso l'equilibrio, è caduto male e si è provocato una bruttissima emorragia interna che non gli ha lasciato scampo. Una morte stupida, ingiusta, che ha molto colpito tutti noi che lo conoscevamo. Una morte su cui non non avremo mai scherzato. E invece chi ci ha scherzato è stato proprio suo fratello che pure meno di cinque minuti dopo gli ha dedicato lo Strega.
Un altro episodio riguarda il Grande Trombato di questa edizione. Paolo Sorrentino è senza ombra di dubbio uno dei migliori - se non il migliore - regista italiano in circolazione. I suoi film sono stati tutti grandi successi di critica (cosa alla quale i cineasti italiani tengono molto di più che al botteghino) e l'arrivo in cinquina con il romanzo d'esordio sembrava più un capriccio d'autore che una vera pretesa. Eppure lui - l'unico che da una mancata vittoria non aveva da rosicare più di tanto - intervistato da Lamberto Sposini sulla modesta prestazione del suo 'Hanno tutti ragione' tra i 400 amici della domenica, si è lasciato andare a un paio di commenti da rosicone d.o.c. che dovrebbero aver amareggiato i suoi fan meno smaliziati. Roba che neppure la Salma sarebbe riuscito a eguagliare.
Ma la vera grande sconfitta non è Silvia Avallone che - da ragazza intelligente qual è - ha capito bene che il caso Paolo Giordano è l'eccezione e non la regola, ma la Rizzoli che dopo aver speso una barca di quattrini nella promozione di 'Acciaio' e aver schierato al Ninfeo non l'artiglieria pesante, ma l'arsenale nucleare (Cesare Romiti e Paolo Mieli in persona) ha incassato l'ennesimo ceffone a due mani dalla Mondadori. Si parla tanto di strapotere della Mondadori, ma nessuno si domanda se invece non ci sia qualcosa (o qualcuno) di profondamente sbagliato nell'organigramma della Rizzoli. Che per quanto si possa organizzare una massiccia campagna di lancio su un romanzo che a detta di molti è davvero buono (ahimè confesso di non averlo ancora letto) resta una cialtroneria di fondo capace di minare qualunque sforzo. E parlo per esperienza diretta: chi segue questo blog sa che ho una controversia in corso con la Rizzoli per il fatto che ha utilizzato il titolo 'Il Corruttore' per il romanzo di un celebre psichiatra appena sei mesi dopo che il mio 'Il Corruttore' era stato in finale allo Scerbanenco proprio con un altro libro di Rizzoli. Qualcuno non si è neppure preso la briga di andare a controllare su Google: ancora oggi sono la seconda voce nel motore di ricerca e allora ero la prima. Ma ci sarà pure un giudice a Berlino...