Due Madri - il booktrailer - in libreria dal 14 aprile

venerdì 27 febbraio 2009

Riffa sul Chigi One

Abbiamo deciso di provarci anche noi: la riffa del Chigi One. Copieremo agli americani anche questa: l'usanza, a bordo dell'Air Force One, di mettere 20 dollari l'uno e fare una lotteria volante. Funziona così: i giornalisti al seguito del presidente e gli uomini del Servizio Segreto (l'imponente scorta del capo di stato americano) prendono una banconota, vi scrivono su il proprio posto a sedere e la infilano in un improvvisato bussolotto. Un'assistente di volo, poi, estrae una banconota e il fortunato cui corrisponde il numero si porta a casa la posta: in media 800-900 dollari. Tra i vincitori c'è stato anche un italiano, quel Gianpiero Gramaglia che oggi dirige l'Ansa e che all'epoca in cui era capo dell'ufficio di Washington seguiva il presidente - chiunque egli fosse - in ogni dove. Solo che lui, a sorpresa, si è lasciato andare a un colpo di classe: ha donato la vincita al fondo che era stato istituito per i familiari di un agente della scorta del presidente che pochi giorni prima era rimasto ucciso in un incidente stradale. E così noi italiani ci siamo fatti riconoscere anche a bordo dell'Air Force One.
Per quelli che la Farnesina il progetto è appena abbozzato. Questa sera, di ritorno da una stremante missione a Washington, proveremo a fare la nostra piccola riffa sull'A320 di stato. Dieci euro invece di 20 dollari e sicuramente una posta molto più bassa. Bisogna vedere in quanti accetteranno di partecipare, ma se persino quelli del Servizio Segreto (che non brillano per elasticità) fanno uno strappo...

sabato 21 febbraio 2009

Un annuncio che l'umanità attendeva

Il mondo ha (finalmente) un nuovo campione di karaoke estremo. Anzi una campionessa, visto che la cinquantaquattrenne sudcoreana Kinm Sun-ok ha battuto il record stabilito dall'americano Marcus Lapratt e ha cantato per piu' di settantacinque ore consecutive in un locale a nord di Seul. L'agenzia sudcoreana Yonhap ha dedicato ampio spazio al primato della signora Kim, che tra giovedi' scorso e le 14,14 locali di oggi (le 5,15 in Italia) ha cantato piu' di 1.200 canzoni contando solo sulla propria voce, su una buona scorta di mandarini e su un mix di acqua e miele per impedire che la gola le si seccasse. La performance della donna, che tra una canzone e l'altra non poteva godere di piu' di trenta secondi di riposo e non poteva fermarsi per piu' di cinque minuti ogni ora, dovra' essere esaminato dal club dei record mondiali Guinness prima di essere certificato e diventare ufficiale. Candido questo evento all'Hot Water Award di Roberto Alajmo.

venerdì 20 febbraio 2009

Atlantide e i sogni fatti a Google aperti

Il sogno e' durato lo spazio di un mattino. Il miraggio, per un ingegnere aeronautico britannico, di entrare nella storia come lo scopritore di Atlantide. L'illusione, per studiosi tropo precipitosi, di mettere finalmente le mani sul mondo perduto. Bernie Banford aveva passato parecchio tempo sulla novita' di Google, quel 'Google Ocean' che offre una mappatura satellitare degli Oceani sulla falsariga di quanto gia' disponibile da qualche anno per la terraferma. E in mezzo a una marea di pixel blu aveva trovato qualcosa di straordinario: quella che assomigliava proprio alle vestigia di una citta' a poca distanza dalle colonne di Ercole, dove Platone voleva che riposasse la civilta' sommersa. Le linee retet e incrociate distinguibili sul video sembravano non lasciare spazio a dubbi: doveva trattarsi dell'opera dell'uomo. E prima ancora di condividere l'emozionante scoperta con la moglie o con gli amici ha pensato bene di assicurasi l'esclusiva, telefonando al giornale piu' chiassoso che c'e': il 'Sun'. Al giornale si sono buttati a capofitto nella storia, rilanciandola sul loro sito web con tanto di corredo fotrografico. La doccia fredda e' venuta poche ore dopo da Google che ha spazzato via i sogni di gloria dell'ingegnere. Atlantide non e' altro che la traccia lasciata dalle navi e rilevata dai sonar utilizzati per raccogliere i dati necessari a mappare il fondo dell'Oceano.

giovedì 19 febbraio 2009

Come nasce una notizia trash e come si fa ammenda

Ieri mi sono concesso un moto di giornalismo trash in puro stile tabloid inglese. Dopo una estenuante ricerca ho trovato le statistiche sugli stupri commessi in Romania. La media è di circa mille l'anno. Tre al giorno. Uno ogni otto ore. E su questo ho fatto il titolo: "In Romania uno stupro ogni otto ore". Secondo una ricerca pubblicata all'epoca dell'uccisione della Reggiani, venne fuori che di stupri in Italia se ne compiono 13 al giorno. Ben più di uno ogni otto ore. Però la popolazione romena è un terzo di quella italiana, quindi facendo i conti della serva e senza nessuna concessione al buonismo si potrebbe ipotizzare che la media delle violenze in Romania è in linea con quelle in Italia. Un'interprete utilizzata dal Tribunale di Roma mi ha però detto una cosa illuminante: l'unica cosa che il governo italiano dovrebbe fare è di pretendere che i romeni condannati scontino la pena in un carcere romeno. Perchè lì la prigione è "una cosa seria" e chi finisce in galera non esce dopo cinque inuti con i pretesti più vari. E questo sposta l'attenzione su un altro tema che un giornalista serio e sicuramente non forcaiolo come Carlo Bonini ha affrontato oggi su Repubblica. La sua analisi dell'assurda decisione presa da un giudice di Bologna - che ora, giustamente, teme che il padre della ragazzina stuprata alla Caffarella gliela faccia pagare - la trovate qui. Con questo faccio ammenda per la mia concessione al trash british-style.

mercoledì 11 febbraio 2009

L'ascensorista, Cambridge e la Normale di Pisa

Il signor T si fece coraggio e chiese al professor C se poteva parlargli. Il professore conosceva da anni il signor T: una brava persona, analfabeta senza essere ignorante, che si occupava della manutenzione di un meraviglioso esempio di abusivismo edilizio: l’ascensore che dal complesso residenziale portava direttamente alla spiaggia.
Il signor T era un po’ in imbarazzo, ma un imbarazzo strano, quasi euforico, perché quello che aveva da raccontare lo emozionava e quello che aveva da chiedere lo metteva a disagio. Il professor C gli fece coraggio: cosa mai poteva essere? Sarebbe stato ben lieto di fargli un favore se gli fosse stato possibile. Ma il signor T si affrettò a scuotere la testa: non era di un favore che si trattava, ma di un consiglio.
Lo sguardo del professor C si fece più attento.
Ecco, prese a raccontare l’ascensorista, il fatto era che suo figlio si era diplomato brillantemente proprio quell’estate nell’Itc del Paese, unico istituto superiore nel raggio di decine di chilometri. Il professor C gli fece i complimenti, ma il signor T lo interruppe: non era questo il punto. Il figlio si era diplomato tanto brillantemente che l’Itc aveva deciso di coniare una medaglia d’oro per l’occasione.
Il professor C si congratulò ancora più vivacemente, lieto in cuor suo che almeno nella provincia remota si fosse mantenuta quell’usanza invece di protendere al continuo adeguamento al peggio che avrebbe finito per riversare nelle aule della sua facoltà torme di caproni che farcivano un compito di ‘cmq’ e di ‘xò’. Ma l’ascensorista lo interruppe ancora: non era nemmeno quello il punto.
Il professor C era sempre più curioso e un filino insofferente. Qual era allora il punto?
Il figlio dell’ascensorista analfabeta voleva provare a entrare alla Normale di Pisa.
L’espressione del professor C a questo punto si fece grave. Medaglia o no, entrare alla Normale di Pisa non era cosa facile. Il vero ostacolo era il diploma del ragazzo: la prestigiosa università privilegiava gli studenti provenienti dal Liceo Classico, al massimo dallo Scientifico. Ma era improbabile che un ragazzo uscito da un Itc potesse farcela.
Il signor T non si perse di coraggio: suo figlio poteva farcela, assicurò.
E se non ce l’avesse fatta? Obiettò il professor C.
Questo era il punto, disse il signor T. Cosa avrebbe potuto fare?
Il professor C ci pensò un po’ su. Se il ragazzo era così determinato c’era sempre la possibilità di iscriversi alla statale di Pisa.
Il signor T mise su un’espressione pensosa e andò via.

Per alcune estati il professor C non frequentò la casa al mare. Ma quando vi tornò, l’ascensorista era lì, analfabeta come sempre, ma con un sorriso ancora più radioso. Il figlio, raccontò subito, non era entrato alla Normale perché non aveva passato lo scritto. Il professor C si domandò cosa ci fosse da sorridere e – come qualche anno prima – il signor T lo interruppe. Si era inscritto alla Facoltà di Fisica alla Statale e l’anno precedente si era laureato. Il professor C non ebbe il tempo di congratularsi che il signor T lo incalzò con un altro dettaglio. Una settimana prima di laurearsi aveva ricevuto una e-mail dall’Università di Cambridge. Qualcuno era interessato a tal punto alla sua tesi sulle nanotecnologie che l’ateneo era disposto a mandare un aereo privato a prenderlo se lui avesse accettato di illustrare quel progetto per un paio di giorni. Il ragazzo, entusiasta e incredulo, aveva chiesto consiglio al padre che non aveva avuto dubbi: bisognava andare, e di corsa.
Al termine dei giorni a Cambridge, un professore lo aveva preso da parte. Aveva una proposta da fargli: se avesse voluto, dopo la laurea avrebbe potuto avere un dottorato a Cambridge. Senza concorso né niente: non c’era tempo da perdere con quelle idiozie burocratiche. Il ragazzo era senza parole. Il professore aveva insistito: se voleva tempo per pensarci su, l’università gli avrebbe messo a disposizione vitto, alloggio, la biblioteca e un po’ di soldi. Ancora una volta il ragazzo aveva chiesto consiglio al padre e ancora una volta il padre non aveva avuto dubbi: bisognava accettare.
Il professor C era ormai contagiato dall’entusiasmo del signor T. Ma la storia dell’ascensorista non era ancora finita. L’ultima notizia era di pochi mesi prima, quando l’Unione europea aveva insignito il ragazzo del titolo di scientist.
Il professor C quasi applaudiva.
Ma non era questo che gli aveva dato più soddisfazione, aveva rivelato il padre. Il professor C non poteva immaginare davvero cos’altro potesse esserci. Gli rivolse uno sguardo interrogativo e il sorriso dell’ascensorista si fece più sottile. Quasi sornione.
La soddisfazione più grande era di pochi giorni prima: un invito a tenere una lezione alla Normale di Pisa.

venerdì 6 febbraio 2009

Ti stanno fregando il capitello dorico sotto casa? Controlla qua

Non sono uno di quegli incrollabili sostenitori della libera e incondizionata accessibilità al patrimonio artistico italiano. Sono convinto che far pagare un biglietto per visitare i nostri monumenti sia una cosa giusta ed equa in un'economia sana e credo che chi afferma che così facendo si impedisce alle classi meno abbienti di conoscere le ricchezze del nostro Paese non ha la più pallida idea di come sia la giornata media delle classi meno abbienti e delle loro pulsioni - arrivati stravolti a un giorno di riposo - rispetto a una visita alla tomba di Umberto Grancelli o al castello dei Conti d'Aquino a Roccasecca.
E proprio per questo mi fa imbufalire trovare chiuse le porte di musei, castelli e chiese o dover combattere con richieste, suppliche, permessi e file chilometriche per visitare luoghi che troppo spesso rimangono chiusi non per disinteresse del pubblico, ma per qualche interesse inconfessabile. Il nostro patrimonio artistico dovrebbe essere un po' come un detenuto in regime di 41bis: tenuto d'occhio costantemente. Per impedire che vada in malora o che qualcuno ne faccia roba propria.
Per questo devo ringraziare Daniela Rossi: mi ha svelato l'esistenza di un sito che monitorizza lo stato dei nostri beni e lancia al'allarme per quelli in pericolo. Al di là della chiamate alle armi e delle sottoscrizioni, è un radar da tenere d'occhio, per non perdere di vista ciò che ci appartiene e che rischia sempre di passare da res nullius a res unum.