I motorini elettrici passano sibilando accanto a noi. C'è un momento, solitario e fugace, di silenzio, poi il rumore della metropoli torna a deflagrare nelle nostre orecchie. Pechino è più rumorosa di Shanghai. Meno caotica, forse, ma è qui che, più che altrove, si ha la sensazione che una città così enorme possa fondarsi solo sul principio della confusione organizzata. Su una innata diligenza verso certe regole – non tutte, solo alcune, ma ben precise – che fa sì che tutto quello che c'è di sregolato segua la traccia segnata. E' in questa confusione che il cellulare della mia interprete comincia a squillare. Non accade spesso: come i poco-più-che-ventenni italiani preferisce gli sms alle costose telefonate, ma questa volta deve essere qualcosa di importante perché lei, solitamente così placida, quasi urla nel microfono. Di gioia, intuisco. La telefonata è breve, ma concitata. Alla fine, senza bisogno che sia io a chiederle cosa è successo, è lei a parlarmene e anche questo è abbastanza fuori dall'ordinario per una cinese. "Una mia amica si è sposata" mi dice. "La mia migliore amica" precisa. Non so cosa dire: sembra che lo abbia appreso solo ora, eppure non è delusa, né arrabbiata. E' solo stupita. Se il mio migliore amico si sposasse e me lo facesse sapere a cose fatte ci resterei un po' male. Anzi, probabilmente cancellerei il suo nome dalla rubrica. E invece lei è solo meravigliata. "Ma non lo sapevi?" azzardo. "No" risponde. "Bella amica" penso. Ma poi è lei ad accorgersi che sono interdetto e mi dà una spiegazione che aumenta il mio sgomento: "Lo hanno deciso oggi" dice. Guardo l'orologio: sono le tre del pomeriggio. "Oggi quando?". "Stamattina. Mi ha telefonato per dirmelo, ma eravamo in aereo". Questa volta non so proprio cosa dire e ancora una volta lei se ne accorge. "Capita" mi spiega, "si chiamano matrimoni-fulmine. Non c'è una vera e propria cerimonia: si va e si registra il matrimonio al municipio". Vorrei chiederle se, come i fulmini, questi matrimoni durano il tempo che serve a rischiarare una notte buia. Ma lei sta già pensando al regalo che dovrà farle e non voglio essere io a rubare l'espressione felice che ha sul viso.
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