Sono silenzioso da un po'. E' perché sono a Palermo a tenere un corso di scrittura creativa agli studenti del mio ex liceo, l'Umberto I. Sarei tentato di dilungarmi su quale soddisfazione è tornare nella propria scuola... da insegnante. Ma c'è un altro argomento che ha monopolizzato la conversazione con i tanti amici che ho ritrovato: lo stato di questa città.
Chi mi legge sa quanta eco ci sia di Palermo in quello che scrivo. E chi mi conosce sa quanto sia complesso il mio rapporto con questa realtà. C'è stato chi mi ha accusato di aver scelto di andar via invece che raccogliere la sfida a restare e chi mi ha detto che ho fatto l'unica cosa giusta. E ogni volta che sono tornato mi sono domandato come sarebbero state le cose se fossi rimasto. E l'ho sempre fatto con una punta di malinconia.
Questa volta però quella malinconia non l'ho vissuta, perché ho trovato una città morente.Non potete immaginare quanto mi addolori dirlo, ma è questo che ho visto. Quando sono qui preferisco camminare invece che prendere l'auto o la Vespa di mia sorella. Cammino in lungo e in largo, dal Massimo a oltre la Circonvallazione; da via Dante a Piazza Marina. E mai come questa volta ho visto una città abbandonata a se stessa, preda di quella sindrome da escalation dello sfacelo in cui i palermitani - ma, come diceva Freud, i siciliani in genere - sono maestri nel precipitare.
Sporca, innanzitutto. Una città che ha più Lsu di qualunque altro posto del globo terracqueo non riesce a tenersi pulita. Sono stato di recente a Città del Messico che ha più abitanti, più caos e più problemi di Palermo, ma le vie del centro erano immacolate. Perché questo a Palermo non è possibile? Dove sono gli spazzini? Perché i marciapiedi - persino quelli del 'salotto buono' della città - sono mitragliati di escrementi?
Chi è quel grandissimo cornuto che fa cacare il cane sul marciapiede e poi non pulisce?
Finito lo slalom, attraversata la strada sulle strisce con strema cura perché qui le auto non si fermano neppure davanti a una mamma con passeggino, penso che in fondo sono il solito esagerato. Che i veri problemi in una città come Palermo non sono certo i marciapiedi sporchi, le auto in tripla fila, il clacson suonato alle tre di notte, l'indolenza degli impiegati negli uffici pubblici, il delirio del trasporto pubblico.
No, i problemi veri non sono questi. E Roma, del resto, è un gran casino, quindi non si capisce bene cosa ho da lamentarmi.
Ma non c'è niente da fare: quel senso di malinconia non torna e si fa più amara la pena per la Città Morente .