Mettete una cinquantina di bambini in una palestra di atletica; che cosa vi aspettate che succeda? Correranno ad arrampicarsi sulle corde e sulle travi, sulle spalliere svedesi; salteranno come grilli sui cuscini e tutto sarà condito da strilli e risate.
Non è così nella Scuola Sportiva di Shichahai, la più prestigiosa di Pechino e una delle 221 che nel Paese preparano gli atleti destinati a rappresentare la Repubblica Popolare nelle competizioni internazionali. In 25 anni di storia, la Shichahai ha conquistato 38 titoli tra campionati del mondo e medaglie olimpiche. Non è poco, se si tiene conto che stiamo parlando di una sola scuola.
Con una falsa modestia che non è comune tra i funzionari cinesi, Xiao Pei, vicesegretario generale del Bocog mi ha detto che non si aspetta troppo dagli atleti cinesi in queste Olimpiadi. I cinesi, sostiene, non hanno la struttura muscolare sviluppata degli occidentali o degli africani e per questo sono condannati per chissà quante generazioni a ruoli di secondo piano nell'atletica. Balle, dico io, perché ho visto come vengono allenati i bambini alla Shichahai e se la tenacia nella preparazione è andata di pari passo con il miglioramento dell'alimentazione degli ultimi dieci anni, ci ritroveremo sui circuiti olimpici di Pechino dei 17-20enni che daranno filo da torcere ai più muscolosi atleti occidentali.
Sono convinto che la Cina e la Russia si spartiranno il medagliere: sono i Paesi che hanno una maggiore determinazione ideologica a imporsi sullo sport, a fronte delle motivazioni più o meno commerciali che spingono gli atleti occidentali. Quando osservo in campo un atleta occidentale lo vedo sempre come un singolo determinato a far valere la propria individualità, ma i cinesi mi hanno sempre dato l'impressione di voler più di chiunque altro fare sistema, portando sul podio non solo la propria abilità, ma la dimostrazione che con loro c'è tutto un Paese pronto a imporsi.
Per questo vedere che il proprio figlio è stato ammesso alla scuola Shichahai è un privilegio per ogni genitore, ma mi domando quanto lo sia anche per questi bambini. Ho visto un bimbo di sei anni fare gli addominali alla spalliera svedese come un ventenne palestrato. E ho provato una gran tenerezza perché mi sono chiesto cosa ne sarà di lui se non riuscirà a raggiungere l'obiettivo che gli è stato posto. Cosa accadrà se non riuscirà a salire sul podio o se, passati gli anni e dimenticato il momento d'oro, anche lui sarà costretto a vendere le medaglie per campare.
Magari mi sbaglio, ma ho rivisto un'immagine che pensavo fosse finita in archivio per sempre: quella delle atlete della Germania dell'Est dopate e pompate come zucchine al punto da non avere più nulla: né femminilità, né una vita vera. Magari mi sbaglio, ma vi assicuro che tra quei bambini che si allenavano - anche da soli e per tre ore e mezzo ogni pomeriggio - nella suola Shichahai non ho visto un solo sorriso. Né ho sentito un solo strillo di gioia.
Non è così nella Scuola Sportiva di Shichahai, la più prestigiosa di Pechino e una delle 221 che nel Paese preparano gli atleti destinati a rappresentare la Repubblica Popolare nelle competizioni internazionali. In 25 anni di storia, la Shichahai ha conquistato 38 titoli tra campionati del mondo e medaglie olimpiche. Non è poco, se si tiene conto che stiamo parlando di una sola scuola.
Con una falsa modestia che non è comune tra i funzionari cinesi, Xiao Pei, vicesegretario generale del Bocog mi ha detto che non si aspetta troppo dagli atleti cinesi in queste Olimpiadi. I cinesi, sostiene, non hanno la struttura muscolare sviluppata degli occidentali o degli africani e per questo sono condannati per chissà quante generazioni a ruoli di secondo piano nell'atletica. Balle, dico io, perché ho visto come vengono allenati i bambini alla Shichahai e se la tenacia nella preparazione è andata di pari passo con il miglioramento dell'alimentazione degli ultimi dieci anni, ci ritroveremo sui circuiti olimpici di Pechino dei 17-20enni che daranno filo da torcere ai più muscolosi atleti occidentali.
Sono convinto che la Cina e la Russia si spartiranno il medagliere: sono i Paesi che hanno una maggiore determinazione ideologica a imporsi sullo sport, a fronte delle motivazioni più o meno commerciali che spingono gli atleti occidentali. Quando osservo in campo un atleta occidentale lo vedo sempre come un singolo determinato a far valere la propria individualità, ma i cinesi mi hanno sempre dato l'impressione di voler più di chiunque altro fare sistema, portando sul podio non solo la propria abilità, ma la dimostrazione che con loro c'è tutto un Paese pronto a imporsi.
Per questo vedere che il proprio figlio è stato ammesso alla scuola Shichahai è un privilegio per ogni genitore, ma mi domando quanto lo sia anche per questi bambini. Ho visto un bimbo di sei anni fare gli addominali alla spalliera svedese come un ventenne palestrato. E ho provato una gran tenerezza perché mi sono chiesto cosa ne sarà di lui se non riuscirà a raggiungere l'obiettivo che gli è stato posto. Cosa accadrà se non riuscirà a salire sul podio o se, passati gli anni e dimenticato il momento d'oro, anche lui sarà costretto a vendere le medaglie per campare.
Magari mi sbaglio, ma ho rivisto un'immagine che pensavo fosse finita in archivio per sempre: quella delle atlete della Germania dell'Est dopate e pompate come zucchine al punto da non avere più nulla: né femminilità, né una vita vera. Magari mi sbaglio, ma vi assicuro che tra quei bambini che si allenavano - anche da soli e per tre ore e mezzo ogni pomeriggio - nella suola Shichahai non ho visto un solo sorriso. Né ho sentito un solo strillo di gioia.
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