Gli islamici hanno rotto le palle, ma tanto ci penseranno i cinesi a fagocitarci tutti. Detta così sembra un po' brutale, ma è l'estrema sintesi della conclusione cui siamo giunti a fine tour. Dopo una spettacolare cena in un ristorante nel Tempio del Sole, un po' brilli per i brindisi che il nostro ospite - il vicesegretario generale del Bocog - imponeva a ritmi impressionanti, ci siamo ritrovati in un bar (a bere Coca Cola, questa volta) a fare i conti di questa esperienza straordinaria. E abbiamo scoperto senza tanta sorpresa che tutti - australiani, canadesi, danesi, italiani e britannici - condividiamo esattamente le stesse paure e abbiamo negli occhi gli stessi scenari futuri.
Che poi coincidano con le previsioni fatte da Samuel Huntington in Scontro di civiltà è un altro paio di maniche ed è ancora più inquietante.
In Inghilterra la paura degli 'home-grown terrorists', i kamikaze allevati a fish & chips e che evidentemente mostrano di non apprezzare appieno le peculiarità del mondo occidentale, viene affrontata con una buona dose di flemma britannica. Ma - come ci ha detto Kevin - la paura è sempre paura e la diffidenza ha spento i già pochi sorrisi che i Tommy riservavano agli islamici.
In Danimarca la questione è ancora più delicata. Credo sia l'unico Paese dell'Ue (e con buone probabilità dell'intero pianeta) che ami Calderoli. Fate bene a sgranare gli occhi, ma anche questo paradosso ha una sua valida motivazione. Quando in Danimarca scoppiò il casino delle vignette su Maometto, i danesi si aspettavano dai Paesi dell'Unione un'ondata di solidarietà incondizionata che non è venuta. La delusione - ci ha spiegato Lars - si è mischiata alla rabbia e ha generato una nuova ondata di intolleranza. Se la pubblicazione delle vignette era nata come volontà di affermare la propria libertà e indipendenza dai fondamentalismi, il fatto di scoprirsi isolati nel cuore di quella stessa Unione europea che avrebbe invece dovuto stringersi intorno a Copenhagen senza alcuna riserva ha spinto gli estremisti a rivendicare le proprie ragioni e i danesi moderati a schierarsi con quelli che sostengono la necessità di difendere la propria cultura dall'aggressione dell'Islam.
Non voglio stare qui a discutere sull'aggressività o meno dell'Islam, ma mi hanno fatto riflettere le parole di Lars. "Sai chi è che abbiamo veramente apprezzato, chi abbiamo amato?" mi ha detto, "il vostro Calderoli perché è stato l'unico che ha avuto il coraggio di mostrare che nessuno può permettersi di dirci cosa possiamo e non possiamo dire. So bene che non lo ha fatto per difendere noi danesi - di cui non gli importa nulla - ma solo per un proprio tornaconto politico, ma quando l'abbiamo visto mostrare una delle vignette stampata sulla sua maglietta ci siamo sentiti un po' meno soli". Lars ha senza dubbio ragione a dire che dietro la mossa di Calderoli non c'è alcuna reale simpatia per Copenhagen, ma c'è un'altra immagine che mi ha dato e che serve a rendere lo sgomento della Danimarca di fronte all'offensiva oscurantista e bieca dell'Islam radicale: una foto pubblicata a tutta pagina da un giornale in cui un bambino musulmano fa la pipì sulla bandiera danese mentre una folla di uomini invasati lo applaude. E una donna danese con in braccio il suo bambino che guarda attonita quella foto senza capire come si sia potuti arrivare a tanto.
Che poi coincidano con le previsioni fatte da Samuel Huntington in Scontro di civiltà è un altro paio di maniche ed è ancora più inquietante.
In Inghilterra la paura degli 'home-grown terrorists', i kamikaze allevati a fish & chips e che evidentemente mostrano di non apprezzare appieno le peculiarità del mondo occidentale, viene affrontata con una buona dose di flemma britannica. Ma - come ci ha detto Kevin - la paura è sempre paura e la diffidenza ha spento i già pochi sorrisi che i Tommy riservavano agli islamici.
In Danimarca la questione è ancora più delicata. Credo sia l'unico Paese dell'Ue (e con buone probabilità dell'intero pianeta) che ami Calderoli. Fate bene a sgranare gli occhi, ma anche questo paradosso ha una sua valida motivazione. Quando in Danimarca scoppiò il casino delle vignette su Maometto, i danesi si aspettavano dai Paesi dell'Unione un'ondata di solidarietà incondizionata che non è venuta. La delusione - ci ha spiegato Lars - si è mischiata alla rabbia e ha generato una nuova ondata di intolleranza. Se la pubblicazione delle vignette era nata come volontà di affermare la propria libertà e indipendenza dai fondamentalismi, il fatto di scoprirsi isolati nel cuore di quella stessa Unione europea che avrebbe invece dovuto stringersi intorno a Copenhagen senza alcuna riserva ha spinto gli estremisti a rivendicare le proprie ragioni e i danesi moderati a schierarsi con quelli che sostengono la necessità di difendere la propria cultura dall'aggressione dell'Islam.
Non voglio stare qui a discutere sull'aggressività o meno dell'Islam, ma mi hanno fatto riflettere le parole di Lars. "Sai chi è che abbiamo veramente apprezzato, chi abbiamo amato?" mi ha detto, "il vostro Calderoli perché è stato l'unico che ha avuto il coraggio di mostrare che nessuno può permettersi di dirci cosa possiamo e non possiamo dire. So bene che non lo ha fatto per difendere noi danesi - di cui non gli importa nulla - ma solo per un proprio tornaconto politico, ma quando l'abbiamo visto mostrare una delle vignette stampata sulla sua maglietta ci siamo sentiti un po' meno soli". Lars ha senza dubbio ragione a dire che dietro la mossa di Calderoli non c'è alcuna reale simpatia per Copenhagen, ma c'è un'altra immagine che mi ha dato e che serve a rendere lo sgomento della Danimarca di fronte all'offensiva oscurantista e bieca dell'Islam radicale: una foto pubblicata a tutta pagina da un giornale in cui un bambino musulmano fa la pipì sulla bandiera danese mentre una folla di uomini invasati lo applaude. E una donna danese con in braccio il suo bambino che guarda attonita quella foto senza capire come si sia potuti arrivare a tanto.
Nessun commento:
Posta un commento