Cristina ha lasciato un commento che merita una riflessione. Parla della fine ormai prossima degli studi; della scelta se tornare a Palermo o restare a Roma; di cosa fare della sua vita, insomma. In questo io sono stato fortunato. Roma mi ha accolto come accoglie molti: con sufficienza, ma senza diffidenza. Mi sono adattato ai suoi ritmi e ai suoi modi di fare e questa credo che sia l'unica cosa da fare in una città assolutamente e incondizionatamente meravigliosa, anche se lontana mille miglia dall'essere il luogo perfetto in cui vivere.
Il dilemma se restare a Palermo o cedere alla tentazione del vecchio adagio cu nesci arrinesci (chi lascia la Sicilia si afferma) è legato al problema più ampio della fuga dei cervelli. Solo che nel caso della Sicilia (e di Palermo in particolare) bisogna parlare di fuga delle coscienze. Se può essere sbagliato lasciare l'Italia perché così la si priva delle sue risorse più vitali - i giovani istruiti e volenterosi - allo stesso modo si potrebbe dire che chi lascia la Sicilia la priva delle sue coscienze più forti e più pulite. Sarebbe una generalizzazione sbagliata: conosco decine di farabutti che sono nisciuti solo per poter essere farabutti su scala nazionale e conosco decine di coscienze pulite e forti orgogliose di essere rimaste in Sicilia. Ma conosco le loro difficoltà quotidiane. E sono convinto che chi non ha voglia di attivarsi e vivere in prima persona il miglioramento delle condizioni di vita, di lavoro, di occupazione potrebbe almeno fare una cosa: non ostacolare chi cerca di farlo.
Se solo hai il dubbio, Cristina, vuol dire che devi restare a Palermo.
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