Sono a Beirut. Siamo arrivati una cinquantina di ore fa per un progetto di formazione messo su dall'Agi insieme alla Cooperazione italiana. Lo scopo è preparare giovani libanesi a comunicare con l'esterno in un linguaggio giornalistico che con il tempo li trasformi in fonti primarie di informazioni.
La prima cosa che abbiamo scoperto è che sono tutti palestinesi e non libanesi. Il che fa una bella differenza se abiti in una specie di quartiere-ghetto e per arrivare a lezione devi sperare che ai check-point dell'esercito ti lascino passare. E ancora di più se non puoi possedere una casa anche se da decenni vivi in un Paese e non puoi esercitare professioni urbanissime come quella dell'avvocato se sul tuo passaporto (libanese) c'è scritto cittadinanza palestinese.
Ma di questo dovremo parlare a lungo, solo che è già tarda notte e un black-out si è appena mangiato un lungo post che avevo preparato. Vi racconterò presto di Sabra e Chatila, di Al-Jana e del Caffè degli Specchi.
La prima cosa che abbiamo scoperto è che sono tutti palestinesi e non libanesi. Il che fa una bella differenza se abiti in una specie di quartiere-ghetto e per arrivare a lezione devi sperare che ai check-point dell'esercito ti lascino passare. E ancora di più se non puoi possedere una casa anche se da decenni vivi in un Paese e non puoi esercitare professioni urbanissime come quella dell'avvocato se sul tuo passaporto (libanese) c'è scritto cittadinanza palestinese.
Ma di questo dovremo parlare a lungo, solo che è già tarda notte e un black-out si è appena mangiato un lungo post che avevo preparato. Vi racconterò presto di Sabra e Chatila, di Al-Jana e del Caffè degli Specchi.
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