In redazione ne parliamo poco. Per scaramanzia, forse, perché due guerre in otto anni - e neppure finite - sono più che sufficienti. O forse perché siamo ancora impegnati a cercare una sola cosa buona per la quale George W. Bush meriti di essere ricordato. Fatto sta che di cosa dobbiamo aspettarci da Barack Obama, quasi non ne parliamo.
Ma fuori dalla redazione le cose cambiano. Quando mi capita di dire che mi occupo di politica estera, c'è sempre qualcuno che mi chiede "Ma questo Obama?". E' una domanda che me ne ricorda molto un'altra, che sentivo ripetere ogni volta che uscivo con un mio amico che a Palermo un volto piuttosto noto della tv. Ovunque andassimo - al bar, al ristorante, in edicola o in un locale - c'era sempre qualcuno che lo riconosceva e gli chiedeva "Ma questo Palermo?". Credendo così di interpellare una specie di oracolo calcistico in un'epoca in cui i RosaNero la serie A la vedevano solo in televisione. Ogni volta il mio amico rispondeva con un saggio "ora vediamo" che significava tutto e niente, per la semplice ragione che si occupava di cronaca nera e non di sport e che del Palermo Calcio non ne capiva un accidente.
Ora io non sono Sergio Romano, ma una mia idea su Obama me la sono fatta. Ed è composta da un sano mix di speranza, ottimismo, scetticismo e curiosità. Lo stesso mix sintetizzato a meraviglia da questa vignetta pubblicata dall'Herald Tribune il 27 gennaio. Per chi mastica poco l'inglese, c'è un Bush in divisa da poliziotto e armato di nodoso randello che lascia una stanza dopo aver pestato per bene il Mondo. Vedendo entrare un altro agente - Obama - il Mondo dice "quindi tu dovresti essere il poliziotto buono".
Ecco, è più o meno quello che penso anch'io.
Ecco, è più o meno quello che penso anch'io.