Due Madri - il booktrailer - in libreria dal 14 aprile

giovedì 16 ottobre 2008

Massimo rispetto

Questo sarà probabilmente il milionesimo post dedicato a Roberto Saviano. Io, poi, dovrei essere l’ultimo a parlare dato che non ho letto il libro e non ho visto il film. Ma ormai tutti parlano di Gomorra come se ne fossero il ghost writer, o amici fraterni dell’autore o ancora grandi esperti di camorra. Ne ho sentite di tutti i colori. All’aeroporto di Torino, di ritorno dalla Fiera del Libro, un amico ed esperto di criminalità organizzata mi tesseva le lodi della Mondatori, capace di creare a tavolino un fenomeno come Gomorra e di riuscire a mantenerne il controllo. Qualche giorno dopo un giornalista di un grande quotidiano napoletano mi faceva notare che tutto sommato Saviano se l’era andata a cercare, perché solo un ingenuo o uno sprovveduto si mette a fare nomi e cognomi e poi spera di farla franca. A un convegno dove parlavano giovani scrittori rosiconi, uno dei peggiori autori che l’Italia abbia partorito negli ultimi dieci anni diceva – premettendo di nutrire grande stima per l’amico Saviano – che Gomorra non deve essere considerato un romanzo perché non è scritto come un romanzo, che Saviano neppure si sente uno scrittore e che questo fenomeno non fa che inquinare la vera letteratura. Io mi limito a condividere l’opinione di Giovanni Puglisi, secondo il quale a Gomorra e a Saviano si deve un merito straordinario: l’aver riportato la scrittura nella sfera dell’impegno civile. Dopo anni in cui si poteva prendere la penna in mano solo per essere militanti (bleah!) e dopo anni in cui si doveva scrivere solo per raccontare se stessi e quello che ruota intorno al proprio ombelico (doppio bleah!) finalmente si riscopre il valore civile, rivoluzionario della cultura. Non di quella che si fa nelle università e nei salotti, ma di quella che nasce dall’esperienza di un vissuto anche professionale che porta un ragazzo di 28 anni a sembrare mio nonno e a girare con la scorta. E questo con buona pace di quella clamorosa balla che sono le rivelazioni del pentito sul piano per uccidere prima di Natale (!) Saviano e gli agenti che lo proteggono e del padre dell’autore che, magari credendo di fargli un buon servigio, ha raccontato a mezza Italia che suo figlio a tredici anni aveva già letto Il Capitale di Marx.
Personalmente a quell’età ero fermo a Cronin e impazzivo per Topolino.

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