Ancora coincidenze. Non so se è perché più ci faccio caso, più ne conto, ma alcune sono davvero sorprendenti. L'ultima è di oggi pomeriggio.
Posso vantare l'amicizia di Luigi Civerchia, uno dei più straordinari paesaggisti della scuola romana, ma soprattutto un galantuomo. Il che, tra gli artisti, non è una cosa così scontata. Ne ho conosciuti di ombrosi, di depressi, di esaltati e di insopportabilmente tronfi, ma mai - fatta eccezione per Carla Accardi - una persona solare e serena come Gigi Civerchia. Ogni minuto passato con Gigi è un tesoro accumulato nell'anima. I suoi racconti dei tempi di via Margutta, dell'amicizia con Federico Fellini, della straordinaria galleria di personaggi che passava per il suo studio sono come un meraviglioso film a episodi, in cui grandi personaggi sono capaci di vivere una vita di piccoli eventi. Raccontati da Gigi assumono i contorni della favola, del mito. E tutti si concludono con il suo sorriso che sembra voler dire "così è la vita".
Oggi sono andato a trovarlo. Prima di partire per le vacanze ho voluto salutarlo: so che probabilmente non ci rivedremo prima di settembre, a meno che non riesca a mantenere fede alla buona intenzione di andare alla mostra che la Libreria Sovilla di Cortina dedica ai suoi ritratti.
Gli ho raccontato dell'intervista che ho fatto a Carla Accardi più di un anno fa e dello straordinario incontro a Venezia con Fabrizio Plessi. Mi ha guardato incuriosito: quel nome non gli diceva niente. Così mi sono attardato a descrivergli questo creatore di illusioni capace di combinare acqua e fuoco con milioni di pixel; di generare incendi, allagamenti, vulcani e fiumi solo con l'elettronica. Gigi voleva sapere sempre di più e io gli raccontavo dello studio di Plessi alla Giudecca, della nostra lunga conversazione in una Venezia meravigliosamente inondata dal sole. Della ironia e della saggezza che lo spingono a non prendersi troppo sul serio anche quando la Bmw è disposta a sborsare cifre stratosferiche per una sua opera.
"Deve essere un tipo interessante, mi piacerebbe incontrarlo" ha detto Gigi, sempre con quel suo sorriso.
Era il momento di salutarci. Non mi lascia mai andar via a mani vuote e questa volta mi ha voluto regalare un paio dei suoi celebri ritratti: pochi essenziali tratti di inchiostro a gel accompagnati da pennarello. Li fa dappertutto: sulle pagine dei libri, sulle cartoline, sui programmi dei concerti, sugli inviti alle mostre. Quelli che mi ha regalato sono un Luciano Minguzzi e un Alexander Calder tratteggiati su un elegante invito, di quelli grandi, per le "mostre-evento". L'immagine riprodotta mi era familiare e quando ho aperto il pieghevole ancora una volta sono rimasto senza parole.
Era l'invito all'inaugurazione della mostra 'Videoland' di Fabrizio Plessi del 30 marzo 2006 a Bologna. L'artista, si leggeva, sarebbe stato presente. Gigi aveva ricevuto quell'invito, non era potuto andare e presto aveva dimenticato il nome dell'artista. Ma quella carta era destinata a ospitare due suoi ritratti. E due anni più tardi a finire tra le mie mani mentre gli parlavo di un artista che lui non conosceva e che però era in mezzo a noi.
"E' una coincidenza straordinaria" ho detto, ripensando al Caffè degli Specchi.
Gigi mi ha guardato e mi ha sorriso. Così è la vita.
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