Due Madri - il booktrailer - in libreria dal 14 aprile
sabato 29 maggio 2010
Tornare a Palermo
Leggo del nuovo libro di Giorgio Vasta: 'Spaesamento'. Me ne ha accennato qualcosa in un incontro casuale e frettoloso che abbiamo avuto a Palermo qualche mese fa. 'Il tempo materiale' mi è piaciuto molto e da tempo seguo Contromano di Laterza, grazie soptrattutto alle imperdibili uscite di Roberto Alajmo. Quindi questo 'Spaesamento', che esce proprio per la collana di Laterza, porta con sé una doppia garanzia. Ho trovato l'incipit in rete e mi sono stupito - non troppo per la verità - nello scoprire di condividere con Giorgio (oltre alla città di nascita, il quartiere dove siamo cresciuti, il Liceo e la sezione) lo stesso straniante sentimento ogni volta che usciamo dal finger nell'aerostazione di Punta Raisi. E che è mirabilmente descritto nelle poche righe che trovate qua: Spaesamento
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mercoledì 26 maggio 2010
giovedì 20 maggio 2010
Internet for peace... ma ne siamo sicuri?
Sono abbonato a Wired. Mi sono abbonato subito, non appena ho ricevuto a casa l'invito a farlo, perchè nel '94, quando stavo a NY, fu la prima rivista a parlarmi di Internet e dell'e-mail. Wired Italia e Wired Usa non sono la stessa cosa. Per fortuna. Vorrei avere più tempo per leggerla da cima a fondo perchè è davvero una buona rivista e meriterebbe ogni minuto del tempo che richiede. Solo che poi ha varato questa cosa, internet for peace, per candidare la rete al Nobel per la pace. Ora, premettendo che non l'avrei mai dato a Yasser Arafat per quello che ha fatto nè a Barack Obama per quello che potrebbe fare, stiamo pur sempre parlando del massimo riconoscimento su quanto di più aleatorio, controverso, fragile e utopistico ci sia sulla Terra. Eppure quelli di Wired sono convinti che la rete si meriti il premio.
Negli stessi giorni in cui lanciavano la loro campagna - che, diciamocelo, fa molto tech-glam - ho scritto di un rapporto del Centro Wiesenthal secondo cui su Twitter, Facebook e YouTube il numero degli attacchi a sfondo razziale o di matrice terroristica é aumentato del 20 per cento nell'ultimo anno. Il Rapporto sull'odio in digitale, che ha preso in esame 11.500 siti, ha rilevato che il linguaggio carico d'odio trova sempre più spazio sul web.
A questo voglio aggiungere una notazione molto più banale e dal valore statistico decisamente meno rilevante. Durante il mio ultimo viaggio in treno da Milano ho dovuto percorrere cinque carrozze per arrivare fino al bar. Ne ho approfittato per contare quante persone avessero il computer portatile accesso e per sbirciare per cosa lo stessero usando. Molti, moltissimi avevano un portatile ed erano connessi a Internet nonostante la precarietà del collegamento. Approssimativamente il 20% stava lavorando; il 50% guardava film (magari scaricati illegalmente) e il 30% stava su... Farmville.
Non metto in discussione il fatto che senza il Twitter gli studenti iraniani non avrebbero potuto dar voce alle loro proteste, né che senza ProPublica il giornalismo sarebbe più povero, ma se vogliamo dare il Nobel alla rete dobbiamo darlo prima all'inventore dell'aria condizionata per aver scongiurato innumerevoli omicidi scatenati dalla calura estiva; all'inventore della macchina per il caffè per aver evitato chissà quanti colpi di sonno in autostrada e a quello della lavapiatti per il sostegno dato al movimento per l'emancipazione della donna.
Diffido di un mondo in cui un groviglio di fibre ottiche e doppini ramati viene confuso con una filosofia di vita. La rete è solo uno strumento e nient'altro. E come ogni strumento non è buono o cattivo in sé, ma a seconda dell'uso che se ne fa. Oppure un Nobel per la pace non si nega a nessuno, nemmeno a Nadia Cartocci per aver trovato un papero solitario nella sua fattoria virtuale?
mercoledì 19 maggio 2010
domenica 16 maggio 2010
Brutto risveglio, vero Luis?
Alla fine il bluff spagnolo è stato scoperto. Anche dagli stessi spagnoli. Vorrei sapere, adesso, che fine hanno fato quelli che negli anni d'oro dello zapaterismo tessevano le lodi sperticate di un Paese "giovane, vitale, allegro". Non si rendevano conto di confondere l'effetto di una sbornia con una vitalità reale e concreta. Ora che si sono svegliati con un forte mal di testa, gli spagnoli si sono accorti che forse anche l'oro di Zapatero era una patacca, visto che - stando a un sondaggio pubblicato da El Pais - i conservatori del Partito Popolare sono avanti di 9 punti e tre intervistati su quattro pensano che il piano di austerity varato dal governo non sarà sufficiente.
Sono uno ottimista scettico, perciò penso che alla fine anche gli spagnoli la sfangheranno e continuo a sperare che a noi italiani sarà risparmiato quello che stanno vivendo in Grecia e si preparano ad affrontare in Portogallo e in Irlanda. Solo che, da scettico, vorrei tracciare un parallelo tra quanti si sono fatti ingannare da una notte di movida e quanti sono abbacinati dal berlusconismo. Come sempre la giusta misura sta nel mezzo e finisce per avere torto sia chi grida in continuazione al complotto comunista che chi perde più tempo dietro ai matrimoni gay e all'equità dei generi nelle favole dei fratelli Grimm piuttosto che ai reali problemi del Paese.
Intanto quelli che se la passeranno peggio si sono rivelati più concreti e realisti dei caciaroni iberici. Se si votasse oggi in Grecia, il partito di governo prenderebbe il 45 per cento delle preferenze, appena un punto in meno di un mese fa, prima che la crisi di Atene esplodesse in tutta la sua drammaticità. I greci, cioè, rimetterebbero al governo quelle stesse persone che a un certo punto hanno accettato di fare i conti con la realtà e stringere la cinghia, anche a costo di pesantissimi sacrifici. Gli spagnoli invece che fanno? Appena qualcuno - seppure quel pataccaro di Zapatero - li sveglia lo mandano a quel Paese e corrono a votare per l'opposizione nella speranza che regali loro qualche altra ora di sogno. Tempo fa chiesi a una ragazza che ha vissuto a lungo in Spagna come fossero davvero gli spagnoli del post-franchismo. Li liquidò con due parole: "dei caciottari". Allora mi fece molto ridere, oggi più che altro mi amareggia.
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