Due Madri - il booktrailer - in libreria dal 14 aprile

venerdì 19 febbraio 2010

Carne da tipografia

La guerra per lo Strega è cominciata. Già da un po', per la verità, ma bisogna dire che pochi giorni fa è stato sferrato un colpo veramente clamoroso, di quelli che possono modificare le sorti del conflitto. Prima di tutto, però, occorre parlare di quali sono le forze schierate in campo. Avevo detto in tempi non sospetti che Silvia Avallone sarebbe stata la rivelazione letteraria della primavera prossima ventura e che senza dubbio Rizzoli avrebbe puntato su di lei per copiare l'effetto Giordano da Mondadori e abbassare ulteriormente il record di giovinezza sul palco della serata della finale. Non avevo fatto i conti - perchè ancora non la conoscevo - con la contromossa di Mondadori che ha investito in modo massiccio su Alessandro D'Avenia. Non ho ancora letto il suo 'Bianca come il latte, rossa come il sangue', ma a giudicare da quello che si legge in giro, Segrate sta tentando un azzardo degno di Las Vegas: sdoganare nel ninfeo di Villa Giulia una versione intellettuale di Moccia. Se il libro è buono - e non posso ancora giudicare - nulla di male: cosa sono 'La lunga vita di Marianna Ucria' e 'Non ti muovere' se non coinvolgenti melò? Sdoganati quelli non si vede perché non debba avere accesso alla notte dello Strega anche la narrativa adolescenziale, nel senso che racconta gli adolescenti, ma non è scritta da adolescenti, letta solo da loro.
Su questo, un giorno, dovrò aprire una discussione, perché durante un incontro con gli studenti del Liceo Umberto di Palermo una ragazza ha sbottato: "siamo stufi di quarantenni che raccontano gli adolescenti, ma non vogliamo neppure sembrare gli idioti di un libro come 'Tvukb'". In realtà la Avallone non ha neppure 25 anni e lo stesso Giordano quando scriveva di Mattia e Alice era più giovane di lei. Ma quelle che hanno raccontato loro sono storie sugli adolescenti piuttosto che per gli adolescenti e per giunta ambientati in epoche e ambienti che più lontani da Moccia dai fighetti del triangolo Vigna Clara - Collina Fleming - Parioli non potrebbero essere. Ma questa è un'altra storia: quello che mi fa riflettere è lo sbarco massiccio di romanzi legati a una certa tematica in libreria, nelle classifiche e nel sancta sanctorum dal quale bisogna passare per essere riconosciti come letteratura italiana: lo Strega. L'impressione che ho è che, vinta da Mondadori - e a mani basse - la partita di Giordano, altri cerchino di seguire quel solco, stando attenti a non precipitare nella banalità di fenomeni stagionali come l'innamoramento per il thriller scandinavo.
Intorno alla Avallone e a D'Avenia, cioè, si sta creando un fenomeno che ha poco di naturale: tentare di affermare un primato assoluto di una casa editrice o di un'altra nel trovare (o creare) un esordiente di talento che sia impareggiabile nel tratteggiare il mondo incomprensibile e sconosciuto degli adolescenti. Solo che non è semplice talent-scouting. E' una guerra. Tanto che una decina di giorni fa - per l'appunto - Rizzoli ha visto la Avallone scavalcata in classifica da D'Avenia e contemporaneamente è partita una bordata di quelle capaci di affondare una corazzata. Sul Corriere è comparso un articolo che sputtana lo scrittore palermitano come un volgare approfittatore di una storia umana reale e profondamente drammatica. Conosco bene l'autrice di quell'articolo e so per certo che non c'è dietro una precisa manovra di politica editoriale: non è il tipo che si metterebbe a sparare su D'Avenia solo perchè potrebbe fare piacere alla Rcs. Ma è senza dubbio il prodotto di un clima che si fa sempre più incandescente anche a grande distanza dalla notte dello Strega. Mondadori non ha ancora annunciato la candidatura di D'Avenia, ma tutto sommato in un premio in cui è alta la partecipazione delle scuole e con un libro che si è saldamente piazzato in classifica non vedo perché non dovrebbe farlo. Il vero interrogativo è un altro: lo farà perché crede nell'autore, perchè ha investito sul libro o per fare un altro sgambetto alla Rizzoli e alla Avallone lanciata a tutta birra verso il Ninfeo? Quale che sarà l'esito di questa guerra, voglio vedere come si comporteranno gli editori con i prossimi lavori della Avallone e di D'Avenia. Perché romanzi che piacciono così tanto non possono non avere un seguito sostenuto con altrettanta energia dalle case editrici, a meno che la trasformazione della letteratura (o dovremmo dire narrativa?) in bene di consumo non sia già completa e compiuta e il 'libro evento' non sia destinato a prendere definitivamente il posto del talento. Che sia finita, cioè, l'epoca in cui gli editori cullavano e crescevano i loro autori per condurli dall'esordio alla maturità e sia sorta l'alba su un'era di debutti fulminanti in cui, alla lunga, a restare fulminati sono solo autori di talento dal cui letto l'editore esce di soppiatto non appena diventano troppo vecchi per essere ancora degli enfant prodige.

martedì 16 febbraio 2010

Cosa mi tocca scrivere...


STUDIO GB, AL SUD ITALIA ARRETRATI PERCHE' MENO INTELLIGENTI

(AGI) - Roma, 16 feb. - Il sud Italia e' meno sviluppato del nord perche' i meridionali sono meno intelligenti dei settentrionali. Anzi, mentre nel nord Italia il quoziente intellettivo e' pari a quello di altri Paesi dell'Europa centrale e settentrionale, piu' si va verso sud, piu' il coefficiente si abbassa. La causa e' "con ogni probabilita'" da attribuire "alla mescolanza genetica con popolazioni del Medio Oriente e del Nord Africa". Osservazioni che non sfigurerebbero in un pamphlet razzista, ma che invece compaiono sull'ultimo numero della rivista scientifica 'Intelligence' che pubblica una ricerca di Richard Lynn, docente emerito di psicologia all'universita' dell'Ulster a Coleraine. Lynn liquida secoli di studi sulla questione meridionale teorizzando che al pari della statura, dell'istruzione e del reddito, da nord a sud l'intelligenza media della popolazione scenda fino a toccare il punto piu' basso in Sicilia. I piu' intelligenti d'Italia, secondo Lynn, sono concentrati in Friuli. Lynn non e' nuovo a teorie discutibili: negli anni '70 sostenne che gli abitanti dell'Estremo oriente fossero piu' intelligenti dei bianchi e nel 1994 nel libro 'La curva a campana' teorizzo' che nella popolazione di colore, una pigmentazione piu' chiara corrisponde a un quoziente intellettivo piu' alto, derivato proprio dal mix con i geni caucasici. Nello studio pubblicato da 'Intelligence', afferma che "il grosso della differenza nello sviluppo economico tra nord e sud puo' essere spiegato con la variabilita' dell'IQ" e che, in sintesi, nel sud Italia la qualita' del cibo e' piu' scadente, si studia meno, ci si prende meno cura dei figli e che almeno dal 1400 il Meridione non partorisce "figure di spicco" nelle arti e nella politica. (AGI) Uba

martedì 9 febbraio 2010

Cosa pago?

Anni fa (un milione di anni fa) durante una delle mie prime sortite romane, poiché rischiavo di saltare una fermata d'autobus urlai a squarciagola al conducente: "BUSSOLA!". A Palermo qualunque buon autista si sarebbe fermato e avrebbe aperto le porte per lasciarmi scendere. A Roma, invece, fu come se avessi urlato un parola priva di senso, tipo "rigorifero" o "bicicletta" e l'autiere (contrazione capitolina della parola autoferrotramviere) tirò dritto. A prescindere dal fatto che sul dizionario il termine bussola indica anche le porte dell'autobus, da allora mi sono trovato spesso a riflettere sull'autoreferenzialità dello slang siciliano. Non sul siciliano, che in qualche modo è una lingua a sé, ma sull'italiano dei siciliani e dei palermitani in particolare. Soprattutto su alcuni costrutti ostentati nelle occasioni più varie. Se, ad esempio un palermitano va al bar, al momento di pagare dice al cassiere "cosa pago?". Il che è assolutamente privo di senso, perché chi meglio del cliente può sapere cosa ha consumato? Mi è stato spiegato da chi è più palermitano di me che si tratta di una forma linguistica di tutela che si può comprendere solo osservando la mimica che segue la frase in oggetto. Dopo che il cliente ha chiesto "cosa paga", il cassiere alza un sopracciglio verso il banconista che ad alta voce fa il dettaglio della consumazione: "un cappuccino, due caffè e una ines con la ricotta" (ines è la storpiatura - altra prerogativa panormita - della parola iris con cui si indica una specie di krapfen alla ricotta) di modo che il cliente dimenticando, ad esempio, uno dei caffè non abbia a fare la figura di quello che ci sta provando. In alternativa la formula può essere "se lo paga questo caffè?" la cui origine, francamente mi è oscura.
Nonostante i palermitani siano profondamente convinti del'universalità del loro idioma, queste due esotiche formulazioni non valgono a tutte le latitudini. Così questa mattina, quando mi sono trovato a fare colazione a uno dei bar dell'aeroporto di Fiumicino per smaltire almeno parte dell'incazzatura per la partenza in ritardo del volo 921 ho assistito al seguente scambio di battute tra un Palermitano Cosmopolita (PC) e un Barista Scoglionato (BS):
PC: Cosa pago?
BS: E che ne so? Che hai magnato?
PC (spiazzato): Allora se le paga due cioccolatte (con due t) e tre cornetti?
BS: Me le pago? Ma le pagherai te!
Il PC, ancora più spiazzato e forse un po' infastidito dall'insolenza del banconista, ha saldato il suo debito mentre io sghignazzavo e mi sintonizzavo tempestivamente su un'altra conversazione panormita: quella tra una turista mordi e fuggi e un studentessa fuorisede. Quest'ultima cercava di spiegare alla turista perchè a Roma "si può girare solo in motore". Sulla differenza tra motore, ciclomotore e motocicletta ci soffermeremo in futuro.