Voglio resistere alla tentazione di fare il solito pistolotto su Facebook e su quanto miracoloso/pericoloso sia questo strumento (al pari, come abbiamo visto della funzione copia&incolla). Ma voglio raccontarvi di una vecchia conoscenza che mi è capitato di ritrovare sul network. Adesso non saprei neppure dire se sono stato io a ribeccare Giovanni o lui a trovare me. Non è neppure una di quelle conoscenze remote, da scuola elementare, che fanno sobbalzare sula sedia. E' un collega particolarmente simpatico, uno di quelli con cui si lavora bene e che danno sempre l'impressione di essere del genere 'l'acqua li bagna e il vento li asciuga'.
Tutto sommato di lui so pochissimo: che correva nei rally e che aveva avuto uno spaventoso incidente, ad esempio, o che ama cani non particolarmente affabili come i pitbull. Ma soprattutto mi viene in mente l'aria perennemente sconvolta di chi si è appena alzato dal letto e il sorriso affabile con cui accoglie chiunque: dallo stagista fresco fresco di scuola di giornalismo al palermitano transfugo che torna a dare un'occhiata al vecchio nido.
Non è un tipo da invidiare, Giovanni, né da temere. Credo sia uno di quelli che si può comodamente inserire nella categoria persone per bene, del genere che non creano problemi e non ne vogliono dagli altri. Forse proprio per questo gli ho sempre riservato una buona porzione di affetto, ma tutto sommato poca attenzione. Da palermitano sono istintivamente propenso a (pre)occuparmi più di chi è una potenziale minaccia piuttosto di chi non cerca e non procura rogne. E Giovanni è il tipo che le rogne non le cerca e non le crea.
Ogni volta che ci incontriamo sono abbracci, pacche sulle spalle, il rassicurante 'A posto?' ripetuto quella mezza dozzina di volte imposte dall'etichetta palermitana almeno finché non si è davvero certi che dall'altra parte dell'abbraccio o della stretta di mano non è davvero tutto 'a posto'. Qualche chiacchiera, mezzo pettegolezzo e poco altro. Ogni volta che lo saluto per andare via penso che forse avrei dovuto passare più tempo con lui e mi domando cosa me lo abbia impedito. Senza mai, però, trovare una risposta.
A un certo punto me lo sono visto spuntare su Facebook: trasmetteva da una spiaggia brasiliana.
Cavolo! Come nei film!
Non so bene cosa abbia fatto o stia facendo. Non so se ha mollato la famiglia e i pitbull o se siano stati loro a suggerirgli di levarsi un po' di torno per riprendere un po' di quel fiato che una città come Palermo presto o tardi finisce per fare mancare a tutte le persone per bene.
Non so come si andata. So solo che ora sta in Brasile, ha aperto un locale che si chiama 'La Tavernetta' su una spiaggia meravigliosa e ha la faccia di un uomo felice.
L'aria di uno che si sveglia la mattina ed è felice, davvero.
Io stamattina mi sono svegliato e mi sono chiesto se questa settimana riuscirò a far fronte ai 100mila impegni che ho preso.
Tutto sommato di lui so pochissimo: che correva nei rally e che aveva avuto uno spaventoso incidente, ad esempio, o che ama cani non particolarmente affabili come i pitbull. Ma soprattutto mi viene in mente l'aria perennemente sconvolta di chi si è appena alzato dal letto e il sorriso affabile con cui accoglie chiunque: dallo stagista fresco fresco di scuola di giornalismo al palermitano transfugo che torna a dare un'occhiata al vecchio nido.
Non è un tipo da invidiare, Giovanni, né da temere. Credo sia uno di quelli che si può comodamente inserire nella categoria persone per bene, del genere che non creano problemi e non ne vogliono dagli altri. Forse proprio per questo gli ho sempre riservato una buona porzione di affetto, ma tutto sommato poca attenzione. Da palermitano sono istintivamente propenso a (pre)occuparmi più di chi è una potenziale minaccia piuttosto di chi non cerca e non procura rogne. E Giovanni è il tipo che le rogne non le cerca e non le crea.
Ogni volta che ci incontriamo sono abbracci, pacche sulle spalle, il rassicurante 'A posto?' ripetuto quella mezza dozzina di volte imposte dall'etichetta palermitana almeno finché non si è davvero certi che dall'altra parte dell'abbraccio o della stretta di mano non è davvero tutto 'a posto'. Qualche chiacchiera, mezzo pettegolezzo e poco altro. Ogni volta che lo saluto per andare via penso che forse avrei dovuto passare più tempo con lui e mi domando cosa me lo abbia impedito. Senza mai, però, trovare una risposta.
A un certo punto me lo sono visto spuntare su Facebook: trasmetteva da una spiaggia brasiliana.
Cavolo! Come nei film!
Non so bene cosa abbia fatto o stia facendo. Non so se ha mollato la famiglia e i pitbull o se siano stati loro a suggerirgli di levarsi un po' di torno per riprendere un po' di quel fiato che una città come Palermo presto o tardi finisce per fare mancare a tutte le persone per bene.
Non so come si andata. So solo che ora sta in Brasile, ha aperto un locale che si chiama 'La Tavernetta' su una spiaggia meravigliosa e ha la faccia di un uomo felice.
L'aria di uno che si sveglia la mattina ed è felice, davvero.
Io stamattina mi sono svegliato e mi sono chiesto se questa settimana riuscirò a far fronte ai 100mila impegni che ho preso.
Quando qualche giorno fa guardavo la mia agenda con grande perplessità mi ha suggerito: "futtitinni, Ughetto!"
Ora la domanda è: chi è più fico? Io che la mattina mi domando quanto tempo mi farà perdere la pioggia sulla Cassia o lui che la mattina guarda il mare e pensa che tutto sommato se anche piove sulla sua spiaggia non è questo gran danno?
Ora la domanda è: chi è più fico? Io che la mattina mi domando quanto tempo mi farà perdere la pioggia sulla Cassia o lui che la mattina guarda il mare e pensa che tutto sommato se anche piove sulla sua spiaggia non è questo gran danno?
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