Ero in ritardo, come sempre. Mi ero affidato alla illusoria certezza che tanto Testaccio è a un tiro di schioppo dall'Agi e che in una decina di minuti sarei arrivato. Ma non avevo fatto i conti con gli (eterni) lavori su via Marmorata e soprattutto con la cronica carenza di posteggio nel rione XX (suggerimento per quegli scellerati che volevano sforacchiare il Pincio per uno stupido, inutile, ridicolo parcheggio per straricchi: andate a farlo a Testaccio un parcheggio se proprio vi scappa).
Fatto sta che quando sono arrivato in piazza Santa Maria Liberatrice sono rimasto a bocca aperta. Prima perché non c'ero mai stato (ahimè come romano d'adozione faccio davvero schifo) e poi perché erano anni che non vedevo più una piazza vera, di quelle cioè con i giochi per i bambini nel mezzo, una marea di gente vociante, gli uccelletti a fare un chiasso di inferno sui rami e decine di botteghe una a fianco all'altra e nessuna che superi le due vetrine, quasi a non voler togliere spazio agli altri.
Mi è sempre piaciuto Testaccio, fin da quando, a vent'anni, frequentavo un locale che si chiamava il Classico e che non so neppure se esista ancora.
Ma nella follia della routine quotidiana mi è capitato molto di rado negli ultimi anni di frequentarlo, anche se quasi ogni giorno mi faccio tutta via Marmorata per raggiungere la redazione. Mi basterebbe, a pensarci bene, partire un giorno un'ora prima, mollare la macchina da qualche parte (risate del pubblico) e inoltrarmi per le strade regolari e popolari di quello che probabilmente è uno degli ultimi veri rioni romani. Vabbè, resta come buon proposito.
Fatto sta che ero in ritardo. Rita Charbonnier mi ha telefonato per chiedermi con la cortesia e il tono pacato di cui solo una vera gentildonna come lei può essere capace dove ohibò mi trovassi, dato che aspettavano me per cominciare con Quattro Libri al Bar. Ho mollato la mia macchina vicino a un cassonetto (con gravi rischi perché è talmente sporca che è facile confondersi) e sono arrivato al Pizzettiere.
Dal punto di vista strategico la cosa non poteva essere organizzata meglio. Il Pizzettiere - che, per chi non lo sa, sta lì da 50 anni - è gomito a gomito con la bellissima libreria di Testaccio (posto da frequentare assolutamente, ma in quest'ordine: prima libreria poi pizza perché sennò sfogliando per curiosare lasciate una vaga ombra di olio-mozzarella-fioridizucca sulle pagine) e avevamo a nostra disposizione uno spazio con tavoli, sedie, ombrelloni, microfono e amplificatore.
Com'è andata lo può dire solo chi c'era. Io dico benissimo per un sacco di motivi. Primo perché i passi che abbiamo scelto io, Rita e un collega dell'Espresso di cui non riesco a ricordare il nome anche se me lo sono fatto ripetere tre volte erano bellissimi e poi perché Bruno Contigiani, organizzatore di tutta la manifestazione, può ben dire di aver inanellato un altro successo. Eravamo più o meno una quarantina, ma si aggiungeva gente in continuazione, nell'autentico spirito della cosa. Persone che passavano e restavano incuriosite da questa banda di sciroccati che leggeva ad alta voce e si fermavano per unirsi a loro volta alla banda di non meno sciroccati che li stava ad ascoltare.
Bellissimo! E ancora più bello è stato sentire una signora che chiedeva a Bruno quando si sarebbe ripetuta una cosa così carina. "Fra un anno" le ha risposto Bruno. "Un anno?" ha esclamato la signora sorpresa e indignata, prima di correre a protestare con il proprietario della libreria (che non c'entrava nulla) che lei non ci pensava neppure ad aspettare un altro anno per star dietro a un pugno di illusi che si alza in piedi nel mezzo di un bar e si mette a leggere pagine scelte da un libro.
Magari un bel libro.
Fatto sta che quando sono arrivato in piazza Santa Maria Liberatrice sono rimasto a bocca aperta. Prima perché non c'ero mai stato (ahimè come romano d'adozione faccio davvero schifo) e poi perché erano anni che non vedevo più una piazza vera, di quelle cioè con i giochi per i bambini nel mezzo, una marea di gente vociante, gli uccelletti a fare un chiasso di inferno sui rami e decine di botteghe una a fianco all'altra e nessuna che superi le due vetrine, quasi a non voler togliere spazio agli altri.
Mi è sempre piaciuto Testaccio, fin da quando, a vent'anni, frequentavo un locale che si chiamava il Classico e che non so neppure se esista ancora.
Ma nella follia della routine quotidiana mi è capitato molto di rado negli ultimi anni di frequentarlo, anche se quasi ogni giorno mi faccio tutta via Marmorata per raggiungere la redazione. Mi basterebbe, a pensarci bene, partire un giorno un'ora prima, mollare la macchina da qualche parte (risate del pubblico) e inoltrarmi per le strade regolari e popolari di quello che probabilmente è uno degli ultimi veri rioni romani. Vabbè, resta come buon proposito.
Fatto sta che ero in ritardo. Rita Charbonnier mi ha telefonato per chiedermi con la cortesia e il tono pacato di cui solo una vera gentildonna come lei può essere capace dove ohibò mi trovassi, dato che aspettavano me per cominciare con Quattro Libri al Bar. Ho mollato la mia macchina vicino a un cassonetto (con gravi rischi perché è talmente sporca che è facile confondersi) e sono arrivato al Pizzettiere.
Dal punto di vista strategico la cosa non poteva essere organizzata meglio. Il Pizzettiere - che, per chi non lo sa, sta lì da 50 anni - è gomito a gomito con la bellissima libreria di Testaccio (posto da frequentare assolutamente, ma in quest'ordine: prima libreria poi pizza perché sennò sfogliando per curiosare lasciate una vaga ombra di olio-mozzarella-fioridizucca sulle pagine) e avevamo a nostra disposizione uno spazio con tavoli, sedie, ombrelloni, microfono e amplificatore.
Com'è andata lo può dire solo chi c'era. Io dico benissimo per un sacco di motivi. Primo perché i passi che abbiamo scelto io, Rita e un collega dell'Espresso di cui non riesco a ricordare il nome anche se me lo sono fatto ripetere tre volte erano bellissimi e poi perché Bruno Contigiani, organizzatore di tutta la manifestazione, può ben dire di aver inanellato un altro successo. Eravamo più o meno una quarantina, ma si aggiungeva gente in continuazione, nell'autentico spirito della cosa. Persone che passavano e restavano incuriosite da questa banda di sciroccati che leggeva ad alta voce e si fermavano per unirsi a loro volta alla banda di non meno sciroccati che li stava ad ascoltare.
Bellissimo! E ancora più bello è stato sentire una signora che chiedeva a Bruno quando si sarebbe ripetuta una cosa così carina. "Fra un anno" le ha risposto Bruno. "Un anno?" ha esclamato la signora sorpresa e indignata, prima di correre a protestare con il proprietario della libreria (che non c'entrava nulla) che lei non ci pensava neppure ad aspettare un altro anno per star dietro a un pugno di illusi che si alza in piedi nel mezzo di un bar e si mette a leggere pagine scelte da un libro.
Magari un bel libro.
1 commento:
anch'io due giorni fa a Testaccio ho partecipato all'iniziativa "Leggevamo quattrolibri al bar". Mi è piaciuta molto, l'atmosfera era serena ed informale, le persone mi sembravano entusiaste di partecipare alla manifestazione. Testaccio anche a me è sempre piaciuto, ho la fortuna di abitarci da quando sono nata. Col passare degli anni, sono rimasti molti aspetti piacevoli della vita del rione, ma ne sono nati parecchi non proprio positivi (traffico, parcheggi carenti, caos notturno causa numero infinito di locali, ecc.). Sono d'accordo con lei: i passi che avete scelto sono bellissimi, tratti da libri molto diversi l'uno dall'altro, per accontentare un pò tutti i "palati" letterari. Peccato, come ha detto la signora, che il prossimo appuntamento è tra un anno. Ma a Roma le iniziative letterarie e culturali non mancano: ci accontenteremo di librerie e posti simili, in attesa di leggere di nuovo 4 libri al bar insieme a Bruno Contigiani. Gli ho mandato un articolo sulla serata testaccina, appena gli arrivano le foto lo pubblica (sono una giornalista pubblicista). A proposito, il collega dell'Espresso e scrittore di cui non riusciva a ricordare il nome è Federico Pace.
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