Ci sono sorprese davvero impagabili. Ho atteso pazientemente per mesi una recensione di TuttoLibri, l'inserto della Stampa. Chiunque abbia pubblicato ha due obiettivi (oltre naturalmente a vendere una valanga di copie, piazzare a caro prezzo i diritti per la trasformazione in film ed essere tradotto in 25 lingue): conquistare uno spazio sul domenicale del 'Sole 24Ore' e uno su TuttoLibri. Per quanto riguarda il primo, chi segue questo blog sa che posso considerarmi più che soddisfatto, grazie al lusinghiero giudizio di Giovanni Pacchiano.
Con TuttoLibri, invece, è andata come proprio non mi aspettavo.
Sabato non ho lavorato. Era il mio giorno 'di corta', come si chiama nello slang giornalistico il giorno libero che spetta per contratto e che cade un po' a caso nella settimana. Lavoravo senza pause da quasi due settimane e un giorno a casa ci voleva proprio. Anzi, se la volete sapere tutta mi sono dedicato alla costruzione con i Lego di una stazione di polizia e di un ospedale nel quale portare gli omini che i miei figli stabilivano fossero meritori di carcere o protagonisti di spettacolari incidenti. Ma questa è un'altra storia.
Non ero uscito di casa. Semplicemente non mi andava mettere il naso fuori dal cancello neppure per procurarmi quei due giornali che dovrebbero essere il cibo mattutino di qualunque giornalista che si rispetti. Neppure per comprare la Stampa che il sabato non mi faccio mai mancare proprio per TuttoLibri (a prescindere che sia o no in attesa di una recensione).
Bene: avevo appena finito di costruire un'ambulanza (che ospedale è senza ambulanza? aveva obiettato Leonardo impegnato anima e corpo nel montaggio di un aereo passeggeri che per sicurezza ha anche dotato di mitragliatrice e lanciamissili) quando mi ha chiamato un collega oggi in pensione e con il quale ai tempi ci contendevamo proprio TuttoLibri e Domenica.
"Queste sì che sono soddisfazioni" ha esordito.
Non avevo idea di cosa parlasse.
"Ma come, non hai visto TuttoLibri?"
"La recensione?" ho chiesto speranzoso.
"Meglio, molto meglio"
Meglio? Mi sono chiesto.
"Sai che libro ha Eva Cantarella sul comodino? Il Corruttore di Ugo Barbàra"
Sono rimasto un po' così. Anche perché era bastata quella parola - Cantarella - a lanciare nello specchio d'acqua della mia memoria un amo al quale aveva subito abboccato il ricordo di un banco e di un libro: Agorà.
"Il Cantarella" ho replicato d'istinto.
"No, no, proprio lei: Eva Cantarella" ha obiettato il mio collega.
Ho chiamato mia moglie perché, tornando dal lavoro, si fermasse in un'edicola a comprare la Stampa. E quando ho avuto TuttoLibri per le mani ho finalmente capito.
In prima pagina campeggiava una lunga intervista di Giovanna Zucconi a Eva Cantarella, probabilmente la più importante grecista che abbiamo oggi in Italia. Dopo aver parlato delle vacanze nella casa di Raito, della vendetta e della giustizia nell'Orestea e della condizione femminile tra gli antichi romani, la Zucconi le chiede che libri abbia sul comodino. Lei risponde: "Il Corruttore di Ugo Barbàra".
E a questo punto, per una qualche nemesi, è scattato il sorriso sulle labbra. Il ricordo si è fatto più netto, quasi tangibile. Ho passato con Eva Cantarella (che all'epoca era solo il Cantarella) due degli anni più felici della mia vita: il ginnasio. Oddio direi una balla clamorosa se dicessi che preferivo passare il tempo su 'Agorà per il biennio - La storia umana dal Paleolitico all'Impero romano' piuttosto che a confrontarmi con i miei compagni sulla portata rivoluzionaria di 'The unforgettable fire' degli U2. Ma il fatto è che oggi per raccontare ai miei figli storie della storia dell'uomo attingo alle pagine del Cantarella che ostinatamente continuano a galleggiare nella mia memoria e non certo al testo di 'Pride' o 'Promenade'. Ci sarà tempo anche per quello.
Intanto mi godo la impagabile soddisfazione di sapere che l'autrice di un libro che mi ha dato tanto ha sul comodino il mio romanzo.
Io portavo il suo nello zaino, lei forse sta portando il mio nella borsa da mare.
Con TuttoLibri, invece, è andata come proprio non mi aspettavo.
Sabato non ho lavorato. Era il mio giorno 'di corta', come si chiama nello slang giornalistico il giorno libero che spetta per contratto e che cade un po' a caso nella settimana. Lavoravo senza pause da quasi due settimane e un giorno a casa ci voleva proprio. Anzi, se la volete sapere tutta mi sono dedicato alla costruzione con i Lego di una stazione di polizia e di un ospedale nel quale portare gli omini che i miei figli stabilivano fossero meritori di carcere o protagonisti di spettacolari incidenti. Ma questa è un'altra storia.
Non ero uscito di casa. Semplicemente non mi andava mettere il naso fuori dal cancello neppure per procurarmi quei due giornali che dovrebbero essere il cibo mattutino di qualunque giornalista che si rispetti. Neppure per comprare la Stampa che il sabato non mi faccio mai mancare proprio per TuttoLibri (a prescindere che sia o no in attesa di una recensione).
Bene: avevo appena finito di costruire un'ambulanza (che ospedale è senza ambulanza? aveva obiettato Leonardo impegnato anima e corpo nel montaggio di un aereo passeggeri che per sicurezza ha anche dotato di mitragliatrice e lanciamissili) quando mi ha chiamato un collega oggi in pensione e con il quale ai tempi ci contendevamo proprio TuttoLibri e Domenica.
"Queste sì che sono soddisfazioni" ha esordito.
Non avevo idea di cosa parlasse.
"Ma come, non hai visto TuttoLibri?"
"La recensione?" ho chiesto speranzoso.
"Meglio, molto meglio"
Meglio? Mi sono chiesto.
"Sai che libro ha Eva Cantarella sul comodino? Il Corruttore di Ugo Barbàra"
Sono rimasto un po' così. Anche perché era bastata quella parola - Cantarella - a lanciare nello specchio d'acqua della mia memoria un amo al quale aveva subito abboccato il ricordo di un banco e di un libro: Agorà.
"Il Cantarella" ho replicato d'istinto.
"No, no, proprio lei: Eva Cantarella" ha obiettato il mio collega.
Ho chiamato mia moglie perché, tornando dal lavoro, si fermasse in un'edicola a comprare la Stampa. E quando ho avuto TuttoLibri per le mani ho finalmente capito.
In prima pagina campeggiava una lunga intervista di Giovanna Zucconi a Eva Cantarella, probabilmente la più importante grecista che abbiamo oggi in Italia. Dopo aver parlato delle vacanze nella casa di Raito, della vendetta e della giustizia nell'Orestea e della condizione femminile tra gli antichi romani, la Zucconi le chiede che libri abbia sul comodino. Lei risponde: "Il Corruttore di Ugo Barbàra".
E a questo punto, per una qualche nemesi, è scattato il sorriso sulle labbra. Il ricordo si è fatto più netto, quasi tangibile. Ho passato con Eva Cantarella (che all'epoca era solo il Cantarella) due degli anni più felici della mia vita: il ginnasio. Oddio direi una balla clamorosa se dicessi che preferivo passare il tempo su 'Agorà per il biennio - La storia umana dal Paleolitico all'Impero romano' piuttosto che a confrontarmi con i miei compagni sulla portata rivoluzionaria di 'The unforgettable fire' degli U2. Ma il fatto è che oggi per raccontare ai miei figli storie della storia dell'uomo attingo alle pagine del Cantarella che ostinatamente continuano a galleggiare nella mia memoria e non certo al testo di 'Pride' o 'Promenade'. Ci sarà tempo anche per quello.
Intanto mi godo la impagabile soddisfazione di sapere che l'autrice di un libro che mi ha dato tanto ha sul comodino il mio romanzo.
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