Avrei voluto, un giorno, pubblicare su questo blog una foto alla quale tenevo molto. Ritraeva me e un arzillo vecchietto sul portico di una casa di Brooklyn. Intorno a noi la mia famiglia e la figlia dell'uomo, tutti sorridenti, contenti di aver finalmente colto un'occasione attesa da tempo.
Il vecchietto al centro è più che un vecchietto. E' Harry Bernstein: ha compiuto da qualche mese 101 anni ed è più lucido che mai. Poi ci sono i miei figli che hanno letteralmente divorato il suo romanzo Il muro invisibile e sua figlia Adreanne.
Non potrò mai pubblicare quella foto, perché nessuno potrà mai scattarla. Harry se n'è andato sabato scorso, pochi giorni dopo aver festeggiato il suo 101mo compleanno, meno di tre mesi prima che io riuscissi a mantenere la promessa di andarlo a trovare.
Eppure quella foto ce l'ho nitida nella mente come se a inquadrare e a scattare fossi stato io stesso. Io che - potenza delle illusioni o forse solo dell'autoscatto - sono anche dall'altra parte dell'obiettivo e sorrido, una mano poggiata sulla spalla di Harry.
Mio figlio ha la stessa faccia divertita che ha in una foto fatta a gennaio sulla metropolitana di Parigi. Era perennemente immerso nella lettura del Muro e coglieva ogni occasione per tirarlo fuori dallo zaino e perdersi in quelle pagine: in fila per fare i biglietti a La Villette, sul metro che ci portava a Eurodisney; appena tornati in albergo, stremati, la sera. Gli chiesi di guardarmi e lui sorrise in un modo che piacque molto a Harry, quando gli mandai la foto, con il suo libro bene in evidenza tra le mani.
Era stata mia figlia a suggerirgli di leggere il Muro. "E triste in modo devastante" gli aveva detto, "ma ti piacerà". Poi io e lei avevamo ingaggiato una curiosa caccia a Harry sul web. Eravamo ansiosi di dirgli quanto ci erano piaciuti i suoi libri. Io ero stato il primo a scoprirli, quando Piemme mi aveva chiesto di presentare questo esordiente di 97 anni al Premio Bancarella. Poi era toccato a mia moglie che lo aveva passato ai suoi genitori, poi ai miei, poi...
Non c'è nessuno in famiglia che non abbia letto - e amato - Harry Bernstein e la sua storia. Per questo sarò sempre grato a Bruce Frankel di avermi messo in contatto con lui e ad Harry per avermi dato la sua amicizia. E per avere avuto il tempo di scambiare divertenti e commoventi mail con i miei figli, con lo spirito di un ultranonno molto lontano piuttosto che quello di uno scrittore di successo.
Mancava solo quella foto, anche se tutto era ormai pronto.
Un foto che avrei amato.
Il vecchietto al centro è più che un vecchietto. E' Harry Bernstein: ha compiuto da qualche mese 101 anni ed è più lucido che mai. Poi ci sono i miei figli che hanno letteralmente divorato il suo romanzo Il muro invisibile e sua figlia Adreanne.
Non potrò mai pubblicare quella foto, perché nessuno potrà mai scattarla. Harry se n'è andato sabato scorso, pochi giorni dopo aver festeggiato il suo 101mo compleanno, meno di tre mesi prima che io riuscissi a mantenere la promessa di andarlo a trovare.
Eppure quella foto ce l'ho nitida nella mente come se a inquadrare e a scattare fossi stato io stesso. Io che - potenza delle illusioni o forse solo dell'autoscatto - sono anche dall'altra parte dell'obiettivo e sorrido, una mano poggiata sulla spalla di Harry.
Mio figlio ha la stessa faccia divertita che ha in una foto fatta a gennaio sulla metropolitana di Parigi. Era perennemente immerso nella lettura del Muro e coglieva ogni occasione per tirarlo fuori dallo zaino e perdersi in quelle pagine: in fila per fare i biglietti a La Villette, sul metro che ci portava a Eurodisney; appena tornati in albergo, stremati, la sera. Gli chiesi di guardarmi e lui sorrise in un modo che piacque molto a Harry, quando gli mandai la foto, con il suo libro bene in evidenza tra le mani.
Era stata mia figlia a suggerirgli di leggere il Muro. "E triste in modo devastante" gli aveva detto, "ma ti piacerà". Poi io e lei avevamo ingaggiato una curiosa caccia a Harry sul web. Eravamo ansiosi di dirgli quanto ci erano piaciuti i suoi libri. Io ero stato il primo a scoprirli, quando Piemme mi aveva chiesto di presentare questo esordiente di 97 anni al Premio Bancarella. Poi era toccato a mia moglie che lo aveva passato ai suoi genitori, poi ai miei, poi...
Non c'è nessuno in famiglia che non abbia letto - e amato - Harry Bernstein e la sua storia. Per questo sarò sempre grato a Bruce Frankel di avermi messo in contatto con lui e ad Harry per avermi dato la sua amicizia. E per avere avuto il tempo di scambiare divertenti e commoventi mail con i miei figli, con lo spirito di un ultranonno molto lontano piuttosto che quello di uno scrittore di successo.
Mancava solo quella foto, anche se tutto era ormai pronto.
Un foto che avrei amato.